Home Introduzione Comprensione fenomeno Scale di valutazione Fattori di rischio Fattori protettivi Comportamenti suicidari e psicopatologia
Primo intervento Esperienza di intervento Modelli di trattamento Valutazione trattamento Terapia farmacologica Prevenzione Libri
Link Suggerimenti per i media Dal web: articoli e riflessioni Dal web: articoli e riflessioni in lingua originale Raccolta di articoli pubblicati Letteratura recente Cinema
Riflessioni attuali        Link al precedente sito web


   Il sito è in costruzione e presenta numerosi diffetti tecnici spero di risolverli.  Ogni suggerimento è prezioso.    Contatti:  daniele.poggioli@ausl.bologna.it

Risultati immagini per fattori di rischio suicidio
Comportamenti suicidari e psicopatologia: introduzione, disturbi dell'umore, psicosi, disturbi condotta, alcool e abuso di sostanze, disturbi di personalità, disturbo comportamento alimentare, disturbi d'ansia, assenza di disturbo psichiatrico. Bibliografia

Introduzione
In questo lavoro abbiamo realizzato un confronto tra un gruppo di minori seguito presso il nostro servizio (Day Service di Psichiatria e Psicoterapia età evolutiva AzUSL Bologna) per aver compiuto un gesto suicidario e quanto si ricava dalla letteratura. (200 soggetti descritti sommariamente in questa tabella).

Una domanda che spesso si pone relativa agli adolescenti che gravitano nello spettro suicidario è se la psicopatologia sia una condizione che necessariamente vi si accompagna.

Vi è in letteratura un generale consenso sul fatto che gli adolescenti vittime di suicidio soffrano di un disturbo psichiatrico.
I comportamenti suicidari sono sintomi di alcune psicopatologie, specificamente diverse forme depressive e disturbo di personalità borderline. I comportamenti suicidari per alcuni soggetti possono essere considerati un modo disadattivo per far fronte alle difficoltà collegate al disturbo.

Una recente meta-analisi di tutti gli studi su adolescenti, giovani adulti, ha evidenziato un disturbo psichiatrico nel 88.6 % dei casi (in altri lavori questo valore oscilla tra il 75% ed il 90%). Gli adolescenti fra i 16 e i 19 anni hanno più probabilità di avere una diagnosi di disturbo psichiatrico rispetto agli adolescenti di 13-15 anni.

Al tempo stesso sappiamo che una diagnosi di disturbo psichiatrico non spiega del tutto un suicidio. Sappiamo che solo pochi adolescenti con disturbo psichiatrico commettono un suicidio. La maggioranza dei giovani con depressione non tenta il suicidio.

Si può comprendere meglio il ruolo della psicopatologia nell’evento suicidio se la consideriamo parte della dimensione esistenziale del soggetto, una parte quindi di un processo che comprende i diversi fattori interni e ambientali, contingenti e storici, che definiscono l’identità della persona.

Nel lavoro clinico (équipe NPIA - Day Service di Psichiatria e Psicoterapia Età Evolutiva) tutti i minori, giunti alla nostra osservazione dopo un tentativo di suicidio, presentavano un disturbo psichiatrico. Bisogna però precisare che il nostro campione è selezionato per caratteristiche di gravità psicopatologica e psicosociale del soggetto.

Una recente ricerca (Park S. et al., 2013) svolta su 3.029 soggetti seguiti tra i 10 ed i 19 anni per problemi psichiatrici evidenzia che il rischio di morte innaturale, come incidenti legati a comportamenti pericolosi o per suicidio, è maggiore e particolarmente alto anche a distanza di tempo, per minori di sesso femminile che hanno richiesto per le loro difficoltà psichiatriche un ricovero rispetto a coloro che erano seguiti ambulatorialmente.

Lo stesso autore sottolinea che la presenza di più di un disturbo aumenta il rischio suicidario, in particolare se ad altri disturbi si accompagnano importanti sintomi depressivi e la tripla combinazione di disturbo dell’umore, abuso di sostanze e disturbo della condotta.

In letteratura viene sottolineato anche come alcune condizioni psicopatologiche espongano più di altre al rischio suicidario: uno studio recente ha evidenziato che tre gruppi di psicopatologia come umore, condotta e abuso di sostanze, rappresentano il 70% dei disturbi diagnosticati in adolescenti morti per suicidio. Anche nel caso di schizofrenia c’è un’alta percentuale di rischio suicidario(Gallego J.A., 2015).

Disturbi dell’umore

Rappresenta il disturbo più comune in particolare per quanto riguarda la depressione. In generale i disturbi dell’umore sono presenti nel 37-46% dei giovani morti per suicidio. Una diagnosi di depressione maggiore innalza il rischio di suicidio da 20-27 volte rispetto a chi non ce l’ha. La presenza di sintomi depressivi nei bambini è considerato un fattore predittivo di tentativi di suicidio nell’adolescenza. (Carr Alen 2008; Klomek AB 2008)

Nel nostro campione i minori, conosciuti in occasione di una crisi suicidaria, con disturbo depressivo rappresentano la quasi totalità del campione stesso (98%), in una certa percentuale, intorno al 40%, si tratta di uno stato depressivo reattivo agli stessi eventi che hanno precipitato la crisi suicidaria. In questi casi, nei mesi successivi all’inizio dell’intervento, lo stato depressivo tende a risolversi o alleggerirsi lasciando in maggior evidenza i disturbi in comorbilità.

Il 60% degli adolescenti con depressione del nostro campione presentava una depressione che si era prolungata almeno nei due anni precedenti.

Lo stato depressivo in relazione a un tentativo di suicidio è quindi costante; il disturbo nella nostra casistica si associava a Disturbo di personalità Borderline (75%), a varie forme di disturbi d’ansia (70%), nel 37% vi era uso frequente di cannabinoidi ed alcoolici e nel 16% Disturbo della Condotta.

Tra le manifestazioni d’ansia sono particolarmente importanti i sintomi di disturbo dissociativo. Sintomi dissociativi che interessavano gran parte dei minori sia come manifestazioni cliniche precedenti il gesto sia come fenomeni che aveva “facilitato” il gesto suicidario. Mettiamo in evidenza questo aspetto perché spesso il racconto dell’atto suicidario sembra corrispondere ad uno stato di sogno ovvero ad uno stato dissociativo.

Brent et al. (2011) suggerisce di prestare particolare attenzione, relativamente al rischio suicidario, agli adolescenti depressi che hanno presentato un esordio depressivo precoce (mediamente 12 anni piuttosto che 15 anni), di più lunga durata nel tempo (mediamente 3, 4 anni piuttosto che 1.7 anni) e con una sintomatologia più grave.

Disturbi psichiatrici maggiori: grave rischio suicidario durante il primo episodio di scompenso psicotico.

Uno studio svolto su 110 soggetti che avevano presentato un primo episodio di psicosi in età compresa tra i 9 e i 17 anni ha mostrato come i tentativi di suicidio, nei 24 mesi successivi, avevano una prevalenza del 12.4% nonostante il trattamento in corso (Sanchez G V 2012).

Si è osservato un rischio suicidario nettamente più elevato nei soggetti con disturbo psicotico o anche con solo sintomi psicotici (Kelleher I et al 2012) da qui l’importanza di indagare in sede di valutazione di rischio suicidario la presenza di sintomi psicotici.

Anche nella nostra esperienza abbiamo osservato elevata ideazione suicidaria con progetto in diversi minori con scompenso psicotico. Nel gruppo clinico abbiamo osservato un tentativo di suicidio in due minori con esordio di Schizofrenia, in un altro con Disturbo Schizo-Affettivo Depressivo e in un adolescente con diagnosi di Disturbo Depressivo Psicotico. In tutti il gesto suicidario si era manifestato in fase iniziale o in una fase di aggravamento.

Disturbo della condotta e altri disturbi dirompenti

I disturbi dirompenti (disturbo della condotta, disturbo oppositivo - provocatorio, ADHD) sono, probabilmente, i più trascurati come disturbi a rischio di gesti suicidari. E questo vale in modo particolare per il disturbo della condotta. In una ricerca risulta che circa il 46 % degli adolescenti morti per suicidio presentava un disturbo della condotta. In generale la percentuale media dei disturbi dirompenti è del 21% tra questi 14% di disturbo della condotta. (Brent, Perper, Moritz, Allman, et al., 1993; Marttunen et al., 1991,1992,1998; Shaffer et al., 1996).

Tra i minori seguiti per disturbi dirompenti presso il Centro Devereux il 36% aveva compiuto tentativi di suicidio mentre il 50% presentava ideazione suicidaria. (Rachael C et al. 2010)

Nel campione clinico studiato il Disturbo della Condotta era presente in circa il 16% dei minori e si associava, nella totalità dei casi, con l’uso di sostanze e disturbo depressivo. Il gesto suicidario si era verificato quando i sintomi depressivi erano particolarmente intensi. Per altro è noto che il Disturbo della Condotta rimane un fattore di rischio importante anche in assenza di Disturbo Depressivo (Brent, Perper, Moritz, Allman, et al., 1993)

Alcool e abuso di sostanze

L’entità del legame fra un disturbo diagnosticabile da uso di sostanze e il tentativo di suicidio e il suicidio è notevole. Le ricerche che hanno analizzato tale legame negli adolescenti riportano alcune differenze di genere e di età: l’uso e l’abuso di sostanze è più frequente nella popolazione maschile e non giovanissima. Il rischio suicidario è significativamente più alto quando insieme a un disturbo da uso di sostanze è presente, come abbiamo già visto, la comorbidità di altri disturbi psichiatrici (Depressione, DPB, DC, ansia). In una ricerca risulta che gli adolescenti maschi morti per suicidio presentavano un’elevata prevalenza dell’associazione di disturbo da abuso di sostanze, disturbo dell’umore e disturbo dirompente. (Sourander A et al. 2009)

L’uso di sostanze, l’isolamento sociale e le difficoltà scolastiche possono essere considerati come indicatori di grave disagio e la loro rilevazione è importante per l’intervento clinico. In letteratura le sostanze che più frequentemente vengono messe in relazione a comportamenti suicidari sono la cannabis e l’alcool.

Nelle valutazioni l’uso di cannabinoidi ed alcool differenzia il gruppo dei soggetti che hanno fatto un tentativo di suicidio rispetto ad un gruppo utilizzato come controllo per l’uso frequente che ne fanno (uso frequente: 37% contro il 6%); nel gruppo clinico altre sostanze (Anfetamina, Cocaina, Eroina, ecc.) sono state rilevate solo in pochi casi. Questo aspetto è conseguente della selezione clinica, infatti i minori con problemi di sostanze accedono ad altro servizio.

Da segnalare che si è osservato, in alcuni casi, un aumento del consumo di alcol nel periodo precedente i gesti suicidari.

Aspetto confermato da Kaplan MS et al. (2014) che hanno stabilito, a partire dai dati disponibili sui minori maschi e femmine morti per suicidio in USA, che negli adolescenti suicidari il rischio di intossicazione alcoolica è di 6.18 volte nei maschi e 10.04 nelle femmine superiore al gruppo di controllo non suicidario.

Disturbi di Personalità  

In numerose ricerche sul fenomeno suicidario in adolescenza emerge che circa il 12% dei giovani suicidi hanno un disturbo di personalità. (Stringer B et al. 2013) Questo è sicuramente un dato sottostimato in quanto quasi il 40% delle ricerche non prende in considerazione nella valutazione degli adolescenti i disturbi di personalità (asse 1) secondo il DSM IV.

In una ricerca risulta che il 42% dei giovani suicidi avevano un disturbo di personalità rispetto al 12% del gruppo di controllo e che i giovani con diagnosi di disturbo di personalità erano 13 volte più a rischio suicidario dei soggetti senza diagnosi di disturbo di personalità. (Sharp C et al 2014)

Sharp C et al (2012) hanno osservato che la presenza in comorbilità di DPB in un gruppo di adolescenti con Disturbo Depressivo Maggiore aumentava il rischio di comportamenti suicidari ed autolesionismo.

In una ricerca su minori che avevano compiuto gesti suicidari è stato evidenziato un numero relativamente alto di soggetti con i cosiddetti disturbi di personalità del “cluster C”, in particolare di personalità evitante e passiva aggressiva.

Lo stesso studio ha riportato nei soggetti con disturbo di personalità la presenza di: abuso di sostanze (44% dei soggetti con disturbo di personalità), disturbo della condotta (45%) e depressione maggiore (30%).

Nel presente studio clinico la diagnosi di Disturbo di Personalità Borderline interessa il 75% dei minori, in comorbilità con altri disturbi già menzionati. L’elevata prevalenza è giustificata, come già sottolineato, dalla particolare composizione del gruppo clinico. E questo motiva alcuni aspetti del nostro intervento sia per la valutazione che per il trattamento.

Vedi anche l'interessantissimo capitolo 3 del libro Disturbo di Personalità Borderline di John G. Gunderson • Perry D. Hoffman Edizione italiana a cura di Massimo Clerici Springer 2010

E’ noto che il Disturbo del Comportamento Alimentare (DCA) è fortemente correlato ai tentativi di suicidio (TS). (Mayes SD 2014)

Il suicidio nell’anoressia nervosa e nella bulimia nervosa è una delle cause principali di morte (Zerwas S 2015).

Il nostro campione clinico TS-DCA rappresenta il 16% del totale. La prevalenza è più alta (40%) se consideriamo anche le forme lievi che si sono risolte con trattamento ambulatoriale di breve durata.

I soggetti avevano presentato: nel 70% Anoressia con abbuffate e condotte di eliminazione; nel 10% Bulimia nervosa con condotte di eliminazione; nel 10% Anoressia e successivamente Bulimia  senza condotte di eliminazione; nel 10% Anoressia e successivamente Bulimia con condotte di eliminazione. Notiamo che il 90% del nostro campione presenta abbuffate e condotte di eliminazione e questo appare coerente con quanto la recente letteratura sottolinea. Infatti le manifestazione di abbuffate e condotte di eliminazione vengono, dagli studi più recenti, correlate all’impulsività ed ai tentativo di suicidio.

Tutte le ragazze esaminate (16%) hanno ricevuto, prima e durante la presa in carico, un trattamento per il disturbo alimentare, il 50% di queste è stato ricoverato. Tutte le pazienti avevano strutturato il DCA prima di compiere il gesto suicidario e ne erano affette mediamente da 2 anni e 4 mesi. Questo è coerente con quanto segnalato in letteratura che sottolinea la durata del disturbo come fattore di rischio. Il 60% al momento del tentativo di suicidio era in remissione per i sintomi del DCA, il 20% presentava un miglioramento rispetto alla sintomatologia DCA, due ragazze mantengono un andamento oscillante. Anche l’uso di sostanze come segnalato in letteratura è rintracciabile nel gruppo esaminato. Tutte le pazienti fanno uso di alcol e sostanze, l’80% soddisfa i criteri per l’abuso di sostanze. Tutte le pazienti presentano depressione e bassa autostima ai questionari. Impulsività è presentata da tutte le ragazze ed  il 10% ha comorbidità con il disturbo ossessivo e compulsivo. Per analizzare le relazioni parentali, altro elemento più volte segnalato in letteratura, sono state utilizzate informazioni cliniche e valutato le AAI somministrate. Nel presente campione si rintraccia: presenza di patologia psichiatrica in almeno un genitore nel 80%. L’inadeguatezza genitoriale era presente in tutte le pazienti; il 30%  avevano subito un abuso sessuale extrafamiliare.
Un elemento osservato che non è particolarmente segnalato in letteratura è il disadattamento sociale: il 40% presentano disadattamento grave (inteso come abbandono scolastico, difficoltà di integrazione sociale e instabilità nei rapporti; fattori tra loro associati), calo del rendimento scolastico e accentuata insoddisfazione nelle relazioni sociali nel restante 60%. Questo è un elemento, che rappresenta un indice di gravità e di rischio per le condotte autolesive e che a nostro parere merita sempre di una attenta valutazione.

Il 70% del gruppo DCA presenta ripetizione del gesto suicidario bassa compliance (definita come numero di sedute saltate, instabilità nella tenuta al trattamento, disponibilità a seguire la terapia farmacologica, abbandono). Il terzo elemento riguarda i comportamenti autolesivi (tagli, bruciature). Da questo confronto si ha conferma dell’impressione clinica del gruppo TS-DCA che risulta peculiare per gravità, presentando recidive ed instabilità di compliance.

Disturbi d’Ansia

La percentuale dei disturbi d’ansia rilevata in soggetti suicidari varia molto a secondo dei vari studi, per esempio in alcuni è risultata del 27%, in altri circa del 12%.

Nel presente campione clinico le manifestazioni d’ansia in varie forme e comorbilità erano presenti nell’80% dei minori.

I disturbi d’ansia tendono ad essere più frequenti in chi tenta il suicidio piuttosto che in chi si toglie definitivamente la vita. E’ stato riscontrato che i disturbi d’ansia tendono ad essere più presenti in un campione femminile piuttosto che maschile.

In uno studio risulta che fra i disturbi d’ansia quelli più frequentemente identificati in adolescenti suicidari sono: disturbo d’ansia generalizzato (28.6%), disturbo d’ansia di separazione (23.8 %) e meno comune il disturbo di panico (2.4 %). Gli attacchi di panico sono comunque stati rilevati come predittivi significativi di comportamenti suicidali (ts e ideazione). In circa il 15% sono stati riscontrati attacchi di panico.

E’ importante sottolineare che spesso un disturbo d’ansia si accompagna alla depressione. Nella ricerca multicentrica di Balázs J. Et al (2013) che ha interessato 12.395 adolescenti di 11 paesi diversi si è evidenziato come ansia ed aspetti depressivi possono effettivamente aumentare il rischio di suicidio tanto che gli autori suggeriscono di comprendere una valutazione del rischio suicidario nella consultazione di adolescenti con problemi d’ansia associato o meno a stato depressivo anche lieve.

Gli studi che hanno indagato l’associazione fra disturbo post traumatico da stress (PTSD) e comportamento suicidario hanno rilevato che intensi sintomi di PTSD possono essere predittivi di forte ideazione suicidaria (Ganz D 2010).

Apparente assenza di disturbo psichiatrico

In letteratura sono riportati alcuni studi che segnalano casi di suicidio in adolescenti senza apparente psicopatologia (Gould et al., 2003).

Rispetto a questa questione aperta si può osservare che: a) un tentativo di suicidio non raramente porta per la prima volta un adolescente alla cura e sorprende i familiari che non se lo sarebbero mai aspettati. Dai colloqui successivi si può rilevare che il progetto suicidario e quindi il disagio psichico sottostante era presente da tempo anche se non era stato condiviso con nessuno; b)erano più frequentemente presenti rispetto ad un gruppo di controllo problemi disciplinari o legali che possono anche evidenziarsi come un disturbo della condotta; c) la comunicazione di ideazione suicidaria era stata fatta poco prima del gesto suicidario e questo fa pensare che un progetto suicidario fosse presente. In uno studio (Marttunen MJ 1998) è stato messo in evidenza che gli adolescenti suicidari senza apparente psicopatologia, erano incorsi comunque, nelle 24 ore precedenti all’evento suicidario, in importanti problemi con la legge o con i familiari. E che tutti avevano dichiarato l’intento suicidario all’interno di questo breve tempo.

In un altro studio (Foley DL 2006) realizzato negli Stati Uniti (the Great Smoky Mountains Study) adolescenti che avevano compiuto gesti suicidari e non avevano una diagnosi psichiatrica presentavano disturbi del comportamento (sotto soglia) ed altri fattori di rischio.

E’ possibile che la psicopatologia in età evolutiva sia più difficile da rilevare anche perché è più soggetta a temporanee remissioni spontanee? Un altro aspetto da non sottovalutare riguarda l’atteggiamento dei genitori rispetto alle difficoltà del figlio e la loro possibilità a riconoscerle come necessarie di cure specifiche.

Nella nostra esperienza spesso per un adolescente un tentativo di suicidio è la prima occasione per seguire un percorso di cura psichiatrica. Ricostruendo la storia dei minori del gruppo clinico che non avevano avuto cure prima del gesto suicidario, nella totalità dei casi, è stato possibile evidenziare come lo stato di disagio era presente da tempo.

Bibliografia