Introduzione
In questo lavoro abbiamo realizzato
un confronto tra un gruppo di minori seguito
presso il nostro servizio (Day Service di
Psichiatria e Psicoterapia età evolutiva
AzUSL Bologna) per aver compiuto un gesto
suicidario e quanto si ricava dalla
letteratura. (200
soggetti descritti sommariamente in questa tabella).
Una domanda che spesso si pone
relativa agli adolescenti che gravitano
nello spettro suicidario è se la
psicopatologia sia una condizione che
necessariamente vi si accompagna.
Vi è in letteratura un generale
consenso sul fatto che gli adolescenti
vittime di suicidio soffrano di un disturbo
psichiatrico.
I comportamenti suicidari sono sintomi di
alcune psicopatologie, specificamente
diverse forme depressive e disturbo di
personalità borderline. I comportamenti
suicidari per alcuni soggetti possono essere
considerati un modo disadattivo per far
fronte alle difficoltà collegate al
disturbo.
Una recente meta-analisi di tutti
gli studi su adolescenti, giovani adulti, ha
evidenziato un disturbo psichiatrico nel
88.6 % dei casi (in altri lavori questo
valore oscilla tra il 75% ed il 90%). Gli
adolescenti fra i 16 e i 19 anni hanno più
probabilità di avere una diagnosi di
disturbo psichiatrico rispetto agli
adolescenti di 13-15 anni.
Al tempo stesso sappiamo che una
diagnosi di disturbo psichiatrico non spiega
del tutto un suicidio. Sappiamo che solo
pochi adolescenti con disturbo psichiatrico
commettono un suicidio. La maggioranza dei
giovani con depressione non tenta il
suicidio.
Si può
comprendere meglio il ruolo della
psicopatologia nell’evento suicidio se la
consideriamo parte della dimensione
esistenziale del soggetto, una parte quindi
di un processo che comprende i diversi
fattori interni e ambientali, contingenti e
storici, che definiscono l’identità della
persona.
Nel lavoro clinico (équipe NPIA -
Day Service di Psichiatria e Psicoterapia
Età Evolutiva) tutti i minori, giunti alla
nostra osservazione dopo un tentativo di
suicidio, presentavano un disturbo
psichiatrico. Bisogna però precisare che il
nostro campione è selezionato per
caratteristiche di gravità psicopatologica e
psicosociale del soggetto.
Una recente
ricerca (Park S. et al., 2013) svolta su
3.029 soggetti seguiti tra i 10 ed i 19 anni
per problemi psichiatrici evidenzia che il
rischio di morte innaturale, come incidenti
legati a comportamenti pericolosi o per
suicidio, è maggiore e particolarmente alto
anche a distanza di tempo, per minori di
sesso femminile che hanno richiesto per le
loro difficoltà psichiatriche un ricovero
rispetto a coloro che erano seguiti
ambulatorialmente.
Lo stesso autore sottolinea che la
presenza di più di un disturbo aumenta il
rischio suicidario, in particolare se ad
altri disturbi si accompagnano importanti
sintomi depressivi e la tripla combinazione
di disturbo dell’umore, abuso di sostanze e
disturbo della condotta.
In letteratura viene sottolineato
anche come alcune condizioni
psicopatologiche espongano più di altre al
rischio suicidario: uno studio recente ha evidenziato
che tre gruppi di psicopatologia come umore,
condotta e abuso di sostanze, rappresentano
il 70% dei disturbi diagnosticati in
adolescenti morti per suicidio. Anche nel
caso di schizofrenia c’è un’alta percentuale
di rischio suicidario(Gallego J.A., 2015).
Disturbi
dell’umore
Rappresenta il disturbo più comune
in particolare per quanto riguarda la
depressione. In generale i disturbi
dell’umore sono presenti nel 37-46% dei
giovani morti per suicidio. Una diagnosi di
depressione maggiore innalza il rischio di
suicidio da 20-27 volte rispetto a chi non
ce l’ha. La presenza di sintomi depressivi
nei bambini è considerato un fattore
predittivo di tentativi di suicidio
nell’adolescenza. (Carr Alen 2008; Klomek AB
2008)
Nel nostro campione i minori,
conosciuti in occasione di una crisi
suicidaria, con disturbo depressivo
rappresentano la quasi totalità del campione
stesso (98%), in una certa percentuale,
intorno al 40%, si tratta di uno stato
depressivo reattivo agli stessi eventi che
hanno precipitato la crisi suicidaria. In
questi casi, nei mesi successivi all’inizio
dell’intervento, lo stato depressivo tende a
risolversi o alleggerirsi lasciando in
maggior evidenza i disturbi in comorbilità.
Il 60% degli adolescenti con
depressione del nostro campione presentava
una depressione che si era prolungata almeno
nei due anni precedenti.
Lo stato depressivo in relazione a
un tentativo di suicidio è quindi costante;
il disturbo nella nostra casistica si
associava a Disturbo di personalità
Borderline (75%), a varie forme di disturbi
d’ansia (70%), nel 37% vi era uso frequente
di cannabinoidi ed alcoolici e nel 16%
Disturbo della Condotta.
Tra le manifestazioni d’ansia sono
particolarmente importanti i sintomi di
disturbo dissociativo. Sintomi dissociativi
che interessavano gran parte dei minori sia
come manifestazioni cliniche precedenti il
gesto sia come fenomeni che aveva
“facilitato” il gesto suicidario. Mettiamo
in evidenza questo aspetto perché spesso il
racconto dell’atto suicidario sembra
corrispondere ad uno stato di sogno ovvero
ad uno stato dissociativo.
Brent et al. (2011)
suggerisce di prestare particolare
attenzione, relativamente al rischio
suicidario, agli adolescenti depressi che
hanno presentato un esordio depressivo
precoce (mediamente 12 anni piuttosto che 15
anni), di più lunga durata nel tempo
(mediamente 3, 4 anni piuttosto che 1.7
anni) e con una sintomatologia più grave.
Disturbi
psichiatrici maggiori: grave rischio
suicidario durante il primo episodio di
scompenso psicotico.
Uno studio svolto su 110 soggetti
che avevano presentato un primo episodio di
psicosi in età compresa tra i 9 e i 17 anni
ha mostrato come i tentativi di suicidio,
nei 24 mesi successivi, avevano una
prevalenza del 12.4% nonostante il
trattamento in corso (Sanchez G V 2012).
Si è osservato un rischio
suicidario nettamente più elevato nei
soggetti con disturbo psicotico o anche con
solo sintomi psicotici (Kelleher I et al
2012) da qui l’importanza di indagare in
sede di valutazione di rischio suicidario la
presenza di sintomi psicotici.
Anche nella nostra esperienza
abbiamo osservato elevata ideazione
suicidaria con progetto in diversi minori
con scompenso psicotico. Nel gruppo clinico
abbiamo osservato un tentativo di suicidio
in due minori con esordio di Schizofrenia,
in un altro con Disturbo Schizo-Affettivo
Depressivo e in un adolescente con diagnosi
di Disturbo Depressivo Psicotico. In tutti
il gesto suicidario si era manifestato in
fase iniziale o in una fase di aggravamento.
I disturbi dirompenti (disturbo
della condotta, disturbo oppositivo -
provocatorio, ADHD) sono, probabilmente, i
più trascurati come disturbi a rischio di
gesti suicidari. E questo vale in modo
particolare per il disturbo della condotta.
In una ricerca risulta che circa il 46 %
degli adolescenti morti per suicidio
presentava un disturbo della condotta. In
generale la percentuale media dei disturbi
dirompenti è del 21% tra questi 14% di
disturbo della condotta. (Brent, Perper,
Moritz, Allman, et al., 1993; Marttunen et
al., 1991,1992,1998; Shaffer et al.,
1996).
Tra i minori seguiti per disturbi
dirompenti presso il Centro Devereux il 36%
aveva compiuto tentativi di suicidio mentre
il 50% presentava ideazione suicidaria. (Rachael
C et al. 2010)
Nel
campione clinico studiato il Disturbo della
Condotta era presente in circa il 16% dei
minori e si associava, nella totalità dei
casi, con l’uso di sostanze e disturbo
depressivo. Il gesto suicidario si era
verificato quando i sintomi depressivi erano
particolarmente intensi. Per altro è noto
che il Disturbo della Condotta rimane un
fattore di rischio importante anche in
assenza di Disturbo Depressivo (Brent,
Perper, Moritz, Allman, et al., 1993)
L’entità del legame fra un disturbo
diagnosticabile da uso di sostanze e il
tentativo di suicidio e il suicidio è
notevole. Le ricerche che hanno analizzato
tale legame negli adolescenti riportano
alcune differenze di genere e di età: l’uso
e l’abuso di sostanze è più frequente nella
popolazione maschile e non giovanissima. Il
rischio suicidario è significativamente più
alto quando insieme a un disturbo da uso di
sostanze è presente, come abbiamo già visto,
la comorbidità di altri disturbi
psichiatrici (Depressione, DPB, DC, ansia).
In una ricerca risulta che gli adolescenti
maschi morti per suicidio presentavano
un’elevata prevalenza dell’associazione di
disturbo da abuso di sostanze, disturbo
dell’umore e disturbo dirompente. (Sourander
A et al. 2009)
L’uso di sostanze, l’isolamento
sociale e le difficoltà scolastiche possono
essere considerati come indicatori di grave
disagio e la loro rilevazione è importante
per l’intervento clinico. In letteratura le
sostanze che più frequentemente vengono
messe in relazione a comportamenti suicidari
sono la cannabis e l’alcool.
Nelle valutazioni l’uso di
cannabinoidi ed alcool differenzia il gruppo
dei soggetti che hanno fatto un tentativo di
suicidio rispetto ad un gruppo utilizzato
come controllo per l’uso frequente che ne
fanno (uso frequente: 37% contro il 6%); nel
gruppo
clinico altre sostanze (Anfetamina, Cocaina,
Eroina, ecc.) sono state rilevate solo in
pochi casi. Questo aspetto è conseguente
della selezione clinica, infatti i minori
con problemi di sostanze accedono ad altro
servizio.
Da segnalare che si è osservato, in
alcuni casi, un aumento del consumo di alcol
nel periodo precedente i gesti suicidari.
Aspetto confermato da Kaplan MS et
al. (2014) che hanno stabilito, a partire
dai dati disponibili sui minori maschi e
femmine morti per suicidio in USA, che negli
adolescenti suicidari il rischio di
intossicazione alcoolica è di 6.18 volte nei
maschi e 10.04 nelle femmine superiore al
gruppo di controllo non suicidario.
In numerose ricerche sul fenomeno
suicidario in adolescenza emerge che circa
il 12% dei giovani suicidi hanno un disturbo
di personalità. (Stringer B et al. 2013)
Questo è sicuramente un dato sottostimato in
quanto quasi il 40% delle ricerche non
prende in considerazione nella valutazione
degli adolescenti i disturbi di personalità
(asse 1) secondo il DSM IV.
In una ricerca risulta che il 42%
dei giovani suicidi avevano un disturbo di
personalità rispetto al 12% del gruppo di
controllo e che i giovani con diagnosi di
disturbo di personalità erano 13 volte più a
rischio suicidario dei soggetti senza
diagnosi di disturbo di personalità. (Sharp
C et al 2014)
Sharp C et al (2012) hanno
osservato che la presenza in comorbilità di
DPB in un gruppo di adolescenti con Disturbo
Depressivo Maggiore aumentava il rischio di
comportamenti suicidari ed autolesionismo.
In una ricerca su minori che
avevano compiuto gesti suicidari è stato
evidenziato un numero relativamente alto di
soggetti con i cosiddetti disturbi di
personalità del “cluster C”, in particolare
di personalità evitante e passiva
aggressiva.
Lo stesso studio ha riportato nei
soggetti con disturbo di personalità la
presenza di: abuso di sostanze (44% dei
soggetti con disturbo di personalità),
disturbo della condotta (45%) e depressione
maggiore (30%).
Nel presente studio clinico la diagnosi di Disturbo di
Personalità Borderline interessa il 75% dei
minori, in comorbilità con altri disturbi
già menzionati. L’elevata prevalenza è
giustificata, come già sottolineato, dalla
particolare composizione del gruppo clinico.
E questo motiva alcuni aspetti del nostro
intervento sia per la valutazione che per il
trattamento.
Vedi anche l'interessantissimo capitolo
3 del libro Disturbo di Personalità
Borderline di John G. Gunderson • Perry D.
Hoffman Edizione italiana a cura di Massimo
Clerici Springer 2010
E’ noto che il Disturbo
del Comportamento Alimentare (DCA) è
fortemente correlato ai tentativi di
suicidio (TS). (Mayes
SD 2014)
Il suicidio nell’anoressia nervosa
e nella bulimia nervosa è una delle cause
principali di morte (Zerwas
S 2015).
Il nostro campione clinico TS-DCA
rappresenta il 16% del totale. La prevalenza
è più alta (40%) se consideriamo anche le
forme lievi che si sono risolte con
trattamento ambulatoriale di breve durata.
I soggetti avevano presentato: nel
70% Anoressia con abbuffate e condotte di
eliminazione; nel 10% Bulimia nervosa con
condotte di eliminazione; nel 10% Anoressia
e successivamente Bulimia senza
condotte di eliminazione; nel 10% Anoressia
e successivamente Bulimia con condotte di
eliminazione. Notiamo che il 90% del nostro
campione presenta abbuffate e condotte di eliminazione e questo
appare coerente con quanto la recente
letteratura sottolinea. Infatti le
manifestazione di abbuffate e condotte di
eliminazione vengono, dagli studi più
recenti, correlate all’impulsività ed ai
tentativo di suicidio.
Tutte le ragazze esaminate (16%)
hanno ricevuto, prima e durante la presa in
carico, un trattamento per il disturbo
alimentare, il 50% di queste è stato
ricoverato. Tutte le pazienti avevano
strutturato il DCA prima di compiere il
gesto suicidario e ne erano affette
mediamente da 2 anni e 4 mesi. Questo è
coerente con quanto segnalato in letteratura
che sottolinea la durata del disturbo come fattore di
rischio. Il 60% al momento del tentativo di
suicidio era in remissione per i sintomi del
DCA, il 20% presentava un miglioramento
rispetto alla sintomatologia DCA, due
ragazze mantengono un andamento oscillante.
Anche l’uso di sostanze come segnalato in
letteratura è rintracciabile nel gruppo
esaminato. Tutte le pazienti fanno uso di
alcol e sostanze, l’80% soddisfa i criteri per
l’abuso di sostanze. Tutte le pazienti
presentano depressione e bassa autostima ai
questionari. Impulsività è presentata da
tutte le ragazze ed il 10% ha
comorbidità con il disturbo ossessivo e
compulsivo. Per analizzare le relazioni
parentali, altro elemento più volte segnalato
in letteratura, sono state utilizzate
informazioni cliniche e valutato le AAI
somministrate. Nel presente campione si
rintraccia: presenza di patologia
psichiatrica in almeno un genitore nel 80%.
L’inadeguatezza genitoriale era presente in
tutte le pazienti; il 30% avevano
subito un abuso sessuale extrafamiliare.
Un elemento osservato che non è
particolarmente segnalato in letteratura è
il disadattamento sociale: il 40% presentano
disadattamento grave (inteso come abbandono
scolastico, difficoltà di integrazione
sociale e instabilità nei rapporti; fattori
tra loro associati), calo del rendimento
scolastico e accentuata insoddisfazione
nelle relazioni sociali nel restante 60%.
Questo è un elemento, che rappresenta un
indice di gravità e di rischio per le
condotte autolesive e che a nostro parere
merita sempre di una attenta valutazione.
Il 70% del gruppo DCA presenta
ripetizione del gesto suicidario bassa compliance (definita
come numero di sedute saltate, instabilità
nella tenuta al trattamento, disponibilità a
seguire la terapia farmacologica,
abbandono). Il terzo elemento riguarda i comportamenti
autolesivi (tagli, bruciature). Da questo
confronto si ha conferma dell’impressione
clinica del gruppo TS-DCA che risulta
peculiare per gravità, presentando recidive
ed instabilità di compliance.
Disturbi
d’Ansia
La percentuale dei disturbi d’ansia
rilevata in soggetti suicidari varia molto a
secondo dei vari studi, per esempio in
alcuni è risultata del 27%, in altri circa
del 12%.
Nel presente campione clinico le
manifestazioni d’ansia in varie forme e
comorbilità erano presenti nell’80% dei
minori.
I disturbi d’ansia tendono ad
essere più frequenti in chi tenta il
suicidio piuttosto che in chi si toglie
definitivamente la vita. E’ stato
riscontrato che i disturbi d’ansia tendono
ad essere più presenti in un campione
femminile piuttosto che maschile.
In uno studio risulta che fra i
disturbi d’ansia quelli più frequentemente
identificati in adolescenti suicidari sono:
disturbo d’ansia generalizzato (28.6%),
disturbo d’ansia di separazione (23.8 %) e
meno comune il disturbo di panico (2.4 %).
Gli attacchi di panico sono comunque stati
rilevati come predittivi significativi di
comportamenti suicidali (ts e ideazione). In
circa il 15% sono stati riscontrati attacchi
di panico.
E’ importante sottolineare che
spesso un disturbo d’ansia si accompagna
alla depressione. Nella ricerca
multicentrica di Balázs J. Et al (2013) che
ha interessato 12.395 adolescenti di 11
paesi diversi si è evidenziato come ansia ed
aspetti depressivi possono effettivamente
aumentare il rischio di suicidio tanto che
gli autori suggeriscono di comprendere una
valutazione del rischio suicidario nella
consultazione di adolescenti con problemi
d’ansia associato o meno a stato depressivo
anche lieve.
Gli
studi che hanno indagato l’associazione
fra disturbo post traumatico da stress
(PTSD) e comportamento suicidario hanno
rilevato che intensi sintomi di PTSD
possono essere predittivi di forte
ideazione suicidaria (Ganz D 2010).
Apparente
assenza di disturbo psichiatrico
In letteratura sono riportati
alcuni studi che segnalano casi di suicidio
in adolescenti senza apparente
psicopatologia (Gould et al., 2003).
Rispetto a questa questione aperta
si può osservare che: a) un tentativo di
suicidio non raramente porta per la prima
volta un adolescente alla cura e sorprende i
familiari che non se lo sarebbero mai
aspettati. Dai colloqui successivi si può
rilevare che il progetto suicidario e quindi
il disagio psichico sottostante era presente
da tempo anche se non era stato condiviso
con nessuno; b)erano più frequentemente
presenti rispetto ad un gruppo di controllo
problemi disciplinari o legali che possono
anche evidenziarsi come un disturbo della
condotta; c) la comunicazione di ideazione
suicidaria era stata fatta poco prima del
gesto suicidario e questo fa pensare che un
progetto suicidario fosse presente. In uno studio (Marttunen MJ 1998) è
stato messo in evidenza che gli adolescenti
suicidari senza apparente psicopatologia,
erano incorsi comunque, nelle 24 ore
precedenti all’evento suicidario, in
importanti problemi con la legge o con i
familiari. E che tutti avevano dichiarato
l’intento suicidario all’interno di questo
breve tempo.
In un altro studio (Foley DL 2006)
realizzato negli Stati Uniti (the Great
Smoky Mountains Study) adolescenti che
avevano compiuto gesti suicidari e non
avevano una diagnosi psichiatrica
presentavano disturbi del comportamento
(sotto soglia) ed altri fattori di rischio.
E’ possibile che la psicopatologia
in età evolutiva sia più difficile da
rilevare anche perché è più soggetta a
temporanee remissioni spontanee? Un altro
aspetto da non sottovalutare riguarda
l’atteggiamento dei genitori rispetto alle
difficoltà del figlio e la loro possibilità
a riconoscerle come necessarie di cure
specifiche.
Nella nostra esperienza spesso per
un adolescente un tentativo di suicidio è la
prima occasione per seguire un percorso di
cura psichiatrica. Ricostruendo la storia
dei minori del gruppo clinico che non
avevano avuto cure prima del gesto
suicidario, nella totalità dei casi, è stato
possibile evidenziare come lo stato di
disagio era presente da tempo.
Bibliografia
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