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GUIDA PER I MEDIA con articoli discussi come esempi e bibliografia

A cura della dottoressa Giulia Ponzellini psicologa psicoterapeuta

Il sociologo David Phillips ha classificato il cosiddetto "contagio imitativo", cioè causato dal desiderio di emulare un avvenimento, come un fattore precipitante e non scatenante un suicidio: in altri termini, la notizia di un suicidio, persino su una persona vulnerabile e in difficoltà, non basta da sola a scatenare propositi auto-lesionisti, ma può comunque "accelerare" la decisione in chi già da tempo considera il gesto come possibilità di fuga da una realtà difficile. Questo processo prende il nome di "effetto Werther", dal nome del celebre romanzo epistolare di Wolfgang Goethe, "I dolori del giovane Werther", in cui il protagonista, travolto da un amore appassionato ma non ricambiato dalla sua amata, si uccide con un colpo di pistola alla tempia.

La pubblicazione di questo romanzo portò a un vero e proprio picco di suicidi, la maggior parte compiuti da maschi adulti con un colpo di pistola alla tempia. Tanto fu l’effetto contagio di questo libro che alcune città misero al bando il libro.

E' quindi assolutamente necessaria un’informazione responsabile da parte dei mass media. Con la consapevolezza dell'influenza che i mass media possono esercitare in particolare sui giovani, una commissione istituita dall'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha stilato alcune linee guida a cui i mezzi di comunicazione di massa devono attentamente riferirsi, ecco qui di seguito le principali:

Per quanto riguarda il linguaggio:

E’ sempre preferibile evitare di utilizzare un linguaggio romantico o sensazionale che potrebbe indurre a immaginare il suicidio come un gesto tragico e eroico al tempo stesso, o al contrario normalizzante che potrebbe indurre a pensare che il caso di suicidio rientra nella normalità (cioè tutti lo possono fare) ;

E’ sempre preferibile evitare di utilizzare la parola suicidio che può essere sostituita con “morte causata dal suicidio,” “morte prematura” o “morte innaturale.”

Non definire il tentativo di suicidio, che non ha portato cioè alla morte, come un “tentativo fallito” potrebbe infatti indurre a pensare al suicidio come un traguardo di “successo.”In caso di tentativi di suicidio descrivere i danni fisici riportati può essere un fattore deterrente

E’ sempre preferibile evitare di pubblicare notizie di suicidi in prima pagina (o in apertura di telegiornale) è preferibile pubblicarli nella sezione dei necrologi;

Evitare di utilizzare la parola suicidio nei titoli, è assai preferibile indicare la causa della morte solo nel testo dell’articolo

Evitare di pubblicare la foto o il nome della vittima, che potrebbero favorire un’ identificazione; Pubblicare le immagini di chi ha compiuto il gesto potrebbe inoltre trasmettere il messaggio negativo che il suicidio può rendere famosi.

Anche se si tratta di persone importanti o note, è bene non tenere nascoste le problematiche che hanno spinto al suicidio (problemi mentali, uso di sostanze..).

Evitare di raccontare il dolore o il senso di colpa di familiari ed amici, potrebbe infatti indurre a pensare che chi si suicida ottiene l’attenzione affettuosa degli altri

Evitare di tornare a lungo sull'argomento anche nei giorni successivi;

Evitare di fornire descrizioni dettagliate sul posto e sulla modalità del gesto in quanto possono essere una fonte d'ispirazione; questo soprattutto quando il mezzo è inusuale (provoca curiosità) e indolore (ad esempio, l'avvelenamento).

Evitare di parlare del suicidio come un evento inspiegabile “chi l’avrebbe mai immaginato” oppure “era un ragazzo modello” sono espressioni che aumentano la preoccupazione generale e favoriscono i processi di identificazione. Il suicidio non è mai il risultato di un singolo fattore o evento (“lasciato dalla ragazza si butta dalla finestra”), che è sempre solo un fattore precipitante, ma di una interazione complessa di molti fattori, come malattie mentali trascurate o non risolte, abuso di sostanze stupefacenti, conflitti familiari.

E’ sempre preferibile evitare di presentare il suicidio come una possibile soluzione dei problemi, come alternativa ad una vita difficile e dolorosa;

Molte ricerche (Wasserman, I. M. (1984). Imitation and suicide: A re-examination of the Werther effect. American Sociological Review, 49, 427-436) hanno riportato che i suicidi di personaggi famosi possono provocare fenomeni di imitazione: è importante che la celebrità del personaggio non oscuri i problemi mentali e l’abuso di sostanze che spesso sottostanno al gesto suicidario.

Allo stesso tempo i mezzi di comunicazione di massa possono avere un ruolo attivo nella prevenzione del suicidio. Riportare le morti avvenute per suicidio può considerarsi opportuno e utile nel momento in cui l’informazione viene fornita rispettando le linee guida appena fornite.

Le ricerche indicano che il modo in cui i Media riportano il suicidio potrebbe contribuire a sensibilizzare l’opinione pubblica rispetto a questo grave problema, informare su quali siano le cause del suicidio, quali i segnali di allarme da osservare e quali le terapie più recenti. Possono inoltre diventare un’occasione per diffondere informazioni sulle strutture di aiuto disponibili sul territorio (per esempio fornendo numeri tel o indirizzi web).

E’ opportuna infatti l’informazione sulle probabili cause del gesto suicidario, sugli eventuali segnali di allarme (autolesionismo, l’isolamento, sbalzi d’umore, cambiamenti repentini di stili di vita, disturbi nell’alimentazione, disturbi del sonno e depressione sono alcuni dei campanelli d’allarme che possono denotare un rischio di suicidio), sull’andamento percentuale dei suicidi e sui trattamenti che recentemente hanno dimostrato maggiore efficacia preventiva. Possono inoltre suggerire quali sono le strade da percorrere per tentare di prevenire il suicidio. Dovrebbero inoltre trasmettere il messaggio che prevenire il suicidio è possibile pubblicando anche storie in positivo, di persone che sono riuscite ad uscire dalla disperazione e persone salvate da cure psicologiche.

Insieme alla notizia del suicidio sarebbe inoltre opportuno cogliere l’occasione per tentare di sfatare una serie di false credenze sul suicidio come “chi dichiara di volersi suicidare raramente lo fa” oppure “parlare con qualcuno che sta pensando di togliersi la vita aggrava il problema” che possono indurre alcune persone a comportarsi in modo sbagliato di fronte al problema. La maggioranza degli individui a rischio suicidario vogliono assolutamente vivere e non morire, ma non riescono però a trovare possibili alternative ai loro gravi problemi. Spesso inviano chiari segnali inerenti la loro intenzione suicidaria, ma gli altri non sanno riconoscerli oppure non sanno come aiutarli.

La cronaca giornalistica deve evitare di trasmettere il messaggio, anche solo implicitamente attraverso la frequente pubblicazione di notizie di suicidi, di una sorta di normalità della condotta suicidaria, agevolando in tal modo il lettore maggiormente sensibile e influenzabile a considerare il suicidio come un modo plausibile, proprio perchè così frequente, di risolvere il dramma della propria esistenza.


ESEMPI


Articolo

Tortona, a 21 anni si toglie la vita per amore

la Provincia Pavese — 27 luglio 2007 pagina 26 sezione: CRONACA

TORTONA. Si è tolto la vita e lo ha fatto con un triplice disperato ultimo gesto: tagliandosi le vene, bevendo sostanze nocive e infine provando ad impiccarsi. I vigili del fuoco, che ieri sono entrati nell’appartamento di via Torino 40 a Tortona, sono stati i primi testimoni della scelta tragica di Michele Nocca, 21 anni, professione carrozziere. Un biglietto trovato dai carabinieri dà uno sfondo sentimentale alla tragedia del giovane tortonese. Anche se, ripetono ora gli esperti, le motivazioni che spingono al suicidio si intersecano con stati d’animo e contingenze personali difficili da decifrare. Resta, nel caso di Michele Nocca, la dinamica di un suicidio condotto con insolita e violenta determinazione. L’allarme è scattato ieri poco dopo le 15. E’ stata la mamma di Michele a chiamare, dopo le 15 di ieri pomeriggio, i vigili del fuoco di Tortona, preoccupata dal fatto di non riuscire a mettersi in contatto con lui. Il figlio viveva da solo in un appartamento al primo piano di uno stabile in via Torino al civico 40. Qui è arrivata con tempestività una squadra dei vigili tortonesi: sono entrati da una finestra dell’appartamento, constatando immediatamente che non si trattava di un incidente domestico, quanto di una fatale scelta personale. Il corpo di Michele Nocca, 21 anni, era, infatti, steso sul pavimento. Senza più vita. Volata via in un momento che gli esami autoptici dovranno ora valutare insieme all’esatta dinamica di questo ultimo atto di un’esistenza recisa. Sulle vene tracce evidenti di tagli netti con, pare, diffuse tracce di sangue sparse intorno. Stretta al collo la cintura dei pantaloni. Su un tavolo un bicchiere che, già al primo esame, presentava tracce di sostanze forse nocive: forse barbiturici, forse alcol. Forse utilizzate dal giovane con l’intenzione di sedare il dolore. Forse per stordirsi e trovare così il «coraggio» per portare a compimento la più ostica e violenta delle scelte sul proprio destino. Sarà, adesso, l’autopsia a dover determinare quale dei tre gesti potenzialmente mortali è risultato fatale. Saranno i carabinieri adesso a dover valutare il contesto in cui si è consumata questa tragedia. In un biglietto trovato accanto al cadavere ci sarebbe una prima risposta e darebbe uno sfondo sentimentale a questo suicidio. Forse il nome di una donna, forse un messaggio d’addio per dare un senso ad un ultimo lancinante grido di dolore. E’ un altro dei tanti «forse» che segnano questa vicenda, come probabilmente segnano quelle di tanti altri suicidi. Risposte ora affidate in modo esclusivo al dolore di una madre e di chi ha conosciuto da vicino Michele.


Commento dr Giulia Ponzellini

La tonalità sensazionale e romantica di questo articolo si può cogliere già dal titolo di apertura dell’articolo

a 21 anni si toglie la vita per amore.”

Per quanto riguarda il testo dell’articolo, gran parte dello spazio è occupato da una lunga e dettagliata descrizione della modalità del gesto suicidario e del seguente ritrovamento del cadavere. Vengono fornite le coordinate esatte del luogo dove è avvenuta la morte del ragazzo e sono dati il nome e cognome della vittima. Non è stato dato alcun rilievo ad eventuali e possibili spiegazioni di questo suicidio che potrebbero invece aiutare molti a comprendere meglio ciò che è accaduto e limiterebbe il rischio di emulazione.

Questo articolo presenta inoltre il suicidio come un gesto quasi “romantico”, fatto per amore, come un qualcosa che chiunque può fare e di troppo difficile interpretazione perché si possa anche solo provare a capire. Non offre infatti alcuna possibile spiegazione o ipotesi di un gesto che invece sappiamo bene sia sempre da considerare come il risultato finale di una lunga storia di depressione non risolta, come il gesto di un soggetto sicuramente molto vulnerabile psicologicamente e in grave difficoltà da tempo.


Moltissime ricerche hanno più volte sottolineato l’importanza di non riportare mai dettagliate descrizioni del gesto sucidario, del metodo utilizzato, soprattutto se insolito, nome e cognome della vittima e luogo esatto dell’episodio in quanto possono favorire una più diretta identificazione ed emulazione, da parte di adolescenti già vulnerabili e a rischio.




La tragedia Scoperta dal direttore dell' Upim di via Spadari, è in rianimazione a Niguarda

A 16 anni sgridata dopo un furto si butta dal quarto piano: grave

Ruba cosmetici, i genitori la rimproverano. La studentessa tenta il suicidio Alla vista dei carabinieri, la studentessa si è sentita male. «Sarete denunciate a piede libero». A casa, la ramanzina della famiglia

La bravata: rubare qualche rimmel e alcune confezioni di matite per gli occhi. Un furto da 89 euro. Mettere tutto in tasca senza pagare e via. L' imprevisto: un' addetta alla sicurezza che vede e che blocca la «ladra», la sua amica e chiama i carabinieri. La ramanzina: a casa l' inevitabile rimprovero dei genitori. Colma di vergogna, una ragazzina di 16 anni non ha sopportato l' onta della storia nella quale era precipitata. Ha aperto la finestra, al quarto piano, della sua cameretta da letto e si è gettata nel vuoto. Un angelo ha vegliato su di lei: non è morta. È finita in rianimazione all' ospedale di Niguarda: le sue condizioni sono gravi (la prognosi è riservata). Il prologo che ha sconvolto la vita di questa studentessa tanto da indurla al suicidio è successo all' Upim di via Spadari attorno alle 16,50. Una volta consegnata ai carabinieri la ragazza si è sentita male, crollando a terra. È dovuta intervenire un' ambulanza. Poi i militari si sono messi in contatto con i genitori. Poco dopo è arrivato il padre dell' amica quindicenne e, visto che la madre non poteva venire, la studentessa è stata consegnata al genitore dell' amica. «Verrete denunciate a piede libero entrambe perché l' Upim (6.000 furti subiti all' anno per 250mila euro di danni) non intende accettare il pagamento risarcitorio della merce rubata», hanno anticipato gli uomini dell' Arma. La giovane è stata accompagnata a casa, alla Bovisa. Padre (italiano di 57 anni) e la madre (albanese di 38) hanno fatto la classica, doverosa, ramanzina. La «ladruncola» è corsa in camera sua mentre la mamma cercava già di calmarla: «Stai tranquilla dai, non è stata una cosa poi così grave». La studentessa ha sbattuto borsa e cappotto sul letto e poi ha tirato su la tapparella, ha spalancato la finestra e, prima che la madre potesse fare qualcosa, si è gettata nel vuoto. Unanimi i vicini sentiti dalla polizia: «Ragazza bravissima. Della sua famiglia non possiamo dire che bene».

Berticelli Alberto


nota d.ssa Giulia Ponzellini

(17 dicembre 2008) - Corriere della Sera

In questo articolo viene raccontata la storia di una ragazza di 16 anni che tenta il suicidio buttandosi dalla finestra.

Il titolo di apertura dice che la ragazza si è buttata dalla finestra per una sgridata dopo un furto.

E anche nel corpo dell’articolo sembra essere l’unica ipotesi considerata, ma che è sicuramente insufficiente e parziale.

Viene descritta la modalità del gesto, in modo accurato e un po’ sensazionale. La madre e il padre vengono assolutamente deresponsabilizzati, hanno fatto il loro dovere di genitori sgridandola, cos’altro potevano fare? Sembra suggerire l’articolo.

La ragazza viene inoltre definita con un appellativo leggero e spiritoso “una ladruncola,” operazione che ha probabilmente come obiettivo quello di ridimensionare e alleggerire il significato del gesto suicidario. Non è stata neanche vagamente accennata una qualche problematicità della ragazza, che anzi, tutti riconoscono come una ragazza bravissima.

Il tentativo di suicidio viene, in questo articolo, proposto come un gesto inspiegabile, impulsivo, che chiunque può fare. E come un fatto comunque assolutamente non grave e allarmante.




Diciassettenne bocciato tenta il suicidio: è grave

la Provincia Pavese — 21 giugno 2005 pagina 06 sezione: ATTUALITÀ

ROMA. Non ammesso. Un verdetto scritto nero su bianco che deve essere stato di un peso insopportabile. Una condanna che ha sbriciolato in un solo momento la vita di uno studente diciassettenne romano che, tornando a casa, dopo aver saputo di essere stato bocciato ha tentato il suicidio lanciandosi dal balcone di casa. Un volo dal terzo piano che, hanno commentato i medici dell’ospedale dove è stato ricoverato, ha avuto del miracoloso. Il giovane è grave ma non in pericolo di vita, e in giornata ha parlato con i genitori e con il fratellino più piccolo. E a loro ha raccontato che quel salto, fino al marciapiede, è stato un incidente, dice di aver avuto un malore, di aver perso l’equilibrio. Una vicenda che ha lo stesso filo conduttore di un’altra storia che ha come sfondo, invece, Palermo, dove la polizia, al termine di una lunga giornata, ha ritrovato una studentessa che aveva fatto perdere le proprie tracce dopo aver saputo di essere stata bocciata. L’hanno trovata vicino a un crepaccio, voleva farla finita. Una giornata, quella di ieri che nessuno accanto al ragazzo romano dimenticherà. A cominciare dalla famiglia e poi, proseguendo, fino ai professori. Tutti sono attoniti e increduli. Quello che è successo in via di Torre Gaia, in una zona periferica della capitale, è una ferita difficile da sanare. «Mio figlio si è portato dietro il peso della sua bocciatura. Io non ho ricevuto nessuna comunicazione dalla scuola che ci avvisava della sua bocciatura», ha sussurrato disperata la mamma del giovane ricoverato al policlinico Tor Vergata.


Commento d.ssa Giulia Ponzellini

In questo titolo di apertura dell’articolo il linguaggio risulta sensazionale e drammatico.

L’autore fin da subito sembra indurre a pensare che il suicidio sia stato motivato da una bocciatura. Cioè da un singolo evento negativo, quando invece sappiamo, grazie ai numerosissimi studi sull’argomento, che l’evento negativo che precede un tentativo di suicidio è da considerarsi sempre e solamente un evento scatenante, in una situazione personale già altamente a rischio.

E’ risaputo che più del 90% di chi tenta il suicidio soffre di un qualche disturbo psichico e da tempo invia messaggi che probabilmente gli altri non sanno riconoscere come segnali di allarme, e sorprende che in tutto l’articolo l’autore non accenni neanche alla possibilità che il ragazzo fosse sofferente e in grave difficoltà già prima di essere bocciato. Non aiuta inoltre il lettore a capire cosa può avere condotto questo ragazzo a tentare un gesto così estremamente grave.

L’autore avrebbe dovuto fornire qualche informazione rispetto a quelli che sono i fattori di rischio di un tentativo di suicidio e gli eventuali segnali di allarme che possono precederlo, in tal modo avrebbe favorito una maggiore comprensione del fenomeno e avrebbe quindi anche aumentato la possibilità, per chi è a contatto in qualche modo con questa problematica, di prestare aiuto e cure.



A 13 ANNI SI SPARA IN TESTA DAVANTI AI COMPAGNI DI CLASSE

Repubblica — 27 novembre 1994 pagina 19 sezione: CRONACA

PARIGI - Si è ucciso a tredici anni, di fronte ai suoi compagni di classe, sparandosi un colpo di pistola in testa durante la lezione. Un gesto che ha sconvolto il comune di Othis, a poche decine di chilometri da Parigi. Una tragedia che riporta in primo piano il "male di vivere" degli adolescenti e il dramma dei suicidi dei giovanissimi, per il quale la Francia detiene tristi primati nel mondo occidentale. Othis è un piccolo comune del dipartimento della Seine-et-Marne, a nord-est della capitale, in prossimità della foresta di Ermenonville. Poco più di cinquemilacinquecento anime e una sola scuola media, il "collège Jean-Jacques Rousseau". Lì è avvenuto il dramma. E' successo lunedì, ma soltanto nel pomeriggio di ieri sono filtrate alcune notizie, molto frammentarie. Era in corso la lezione d' inglese, quando il tredicenne, di cui si ignora l' identità, ha estratto un revolver, l' ha portato alla tempia e ha premuto il grilletto. Una pistola di grosso calibro, a quel che si è appreso. Gli inquirenti, riservatissimi, non hanno voluto dire come il ragazzino era entrato in possesso dell' arma e come aveva potuto metterla nella cartella e portarla a scuola. Il professore, pochi minuti prima del suicidio, lo aveva sorpreso mentre scriveva una lettera, nella quale spiegava le ragioni del suo malessere. Non si sa esattamente come siano andate le cose tra il momento in cui l' insegnante ha scoperto l' adolescente scrivere la sua lettera di addio e il suicidio. Si sa soltanto che il ragazzo ha tirato fuori il revolver e si è sparato una pallottola in testa senza lasciare il tempo di intervenire né al professore, né ai compagni. Era il primo pomeriggio (nelle scuole francesi si pratica il tempo pieno) quando il tredicenne, in coma profondo, è stato trasportato al centro ospedaliero di Meaux e da lì all' ospedale Necker di Parigi. I disperati tentativi per salvarlo sono stati inutili: il ragazzo è morto nella serata di lunedì. Non è difficile immaginare lo sgomento dei ragazzini che hanno assistito al suicidio del loro compagno ed è soprattutto per evitare traumi ulteriori che le autorità scolastiche e gli inquirenti hanno deciso di non fornire particolari di nessun tipo sulla tragedia. Il gesto del ragazzo di Othis riporta alla ribalta della cronaca il dramma del suicidio, seconda causa di morte fra i giovani francesi. Gli studi e le statistiche dimostrano che il numero delle persone che si toglie la vita Oltralpe è nettamente superiore alla media europea e il fenomeno è particolarmente inquietante fra i più giovani.


Ogni anno si tolgono la vita più di undicimila persone, i tentativi sono stimati fra i 100 e i 150 mila. Il tasso di suicidio è di 30 per 100 mila abitanti, una cifra molto alta se si pensa che in Italia quel tasso è pari a 11. Secondo un' inchiesta realizzata nel 1993 dall' Inserm (l' Istituto nazionale per la sanità e la ricerca medica), il 23,4 per cento dei giovani ha idee suicide, il 9 per cento ci pensa spesso e la metà di questi ultimi passa all' atto.

Gli esperti sono divisi sulla possibilità di prevenire il suicidio degli adolescenti.


Molti specialisti, tuttavia, sono d' accordo nell' affermare che nei giovanissimi il suicidio è spesso preceduto da alcuni segnali, da cambiamenti di comportamento più o meno inquietanti, come la fuga da casa, il moltiplicarsi delle richieste di visite mediche, le domande di cura e la rottura di relazioni affettive. In un recente convegno svoltosi a Ginevra, gli esperti hanno sottolineato la gravità, nei paesi del mondo industrializzato, del fenomeno dei suicidi fra gli adolescenti e la scarsa attenzione che ad esso dedicano i governi. - GIAMPIERO MARTINOTTI

Commento d.ssa G. Ponzellini:

Anche in questo caso l'avvenimento è presentato in modo sensazionale e drammatico. Vengono forniti dettagli relativi all'arma utilizzata " Una pistola di grosso calibro, a quel che si è appreso" e genericamente si parla di "male di vivere" come se il suicidio possa rappresentare una rispostra ad una generica difficoltà. Successivamente l'autore fornisce utili informazioni che segnalano sia l'importanza del fenomeno che la sua complessità, ma non viene suggerito a chi rivolgersi per aiuto.


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