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Modelli di trattamento in revisione


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Vi sono diverse ricerche dedicata al trattamento di adolescenti che hanno compiuto gesti suicidari.

Sono stati fatti negli anni numerosi tentativi per mettere a punto interventi efficaci specificamente per ridurre il rischio suicidario immediatamente successivo ad un ts. Con il lavoro di Daniel et al. (2009) è stato fatto un tentativo di mettere a confronto diversi approcci terapeutici: interventi brevi svolti presso il Pronto Soccorso, terapia dialettico comportamentale, trattamenti centrati sulla famiglia, terapia cognitivo comportamentale e terapia di gruppo. Nella loro review non si è evidenziata una differenza statisticamente significativa tra questi approcci con i trattamenti tradizionali non specificamente pensati per il ts.

Corcoran (2011) presenta una revisione che aggiunge anche due trattamenti ad orientamento cognitivo comportamentale CBT ed uno di terapia familiare basato sulla teoria dell’attaccamento. Anche in questo studio non si evidenziano differenze significative rispetto ai gruppi di controllo che hanno seguito trattamenti tradizionali.

D’altra parte il maggior limite di questi studi è legato alla eterogeneità dei campioni selezionati per il comportamento suicidario.

O’ Connor et al (2014) nell’articolo dove presenta l’approccio CAMS (Collaborative Assessment and Management of Suicidality to suicidal adolescent) per adolescenti - derivato dallo stesso orientamento per adulti (Jobes et al 2006, 2012) – propone un’ulteriore revisione della letteratura relativa agli interventi terapeutici pensati per gli adolescenti suicidari e ricorda la DBT modificata per adolescenti suicidari (Miller A. et al., 2007). L’autore evidenzia che anche la DBT per adolescenti suicidari non dimostra una sicura maggior efficacia rispetto agli interventi tradizionali confrontati per ideazione e comportamenti suicidari.

Bisogna per altro ricordare che, sebbene negli articoli di rassegna della letteratura citati non si osservino risultati statisticamente significativi nel complesso delle ricerche analizzate tra trattamenti DBT e terapie tradizionali, vi sono numerosi autori che sostengono la maggior efficacia della DBT in adolescenti che hanno compiuto ripetuti tentativi di suicidio (Mehlum L et al. 2014) o che ne evidenziano l’utile flessibilità con adolescenti multiproblematici con ottimi risultati sulla compliance (Tørmoen AJ et al. 2014), oppure la possibile applicazione, in versione breve, in contesto ospedaliero con buoni risultati. In questo caso giovani ed adulti di età tra i 18 ed i 45 anni (van den Bosch LM et al. 2014). La CAMS che appare promettente, non ha ancora sufficienti ricerche in adolescenza a sostegno di una maggior efficacia rispetto agli interventi tradizionali.


Il nostro intervento parte dall’analisi dei fattori di rischio e dei fattori protettivi che permettono di impostare il trattamento nel modo più razionale possibile. Riteniamo utile coinvolgere attivamente l’adolescente e tutto il nucleo famigliare sin dall’inizio di questo percorso e il più precocemente possibile per aumentare la probabilità di una buona alleanza terapeutica e ridurre il rischio, segnalato ampiamente in letteratura, di abbandono (Groholt B. et al., 2009).