Home Introduzione Comprensione fenomeno Scale di valutazione Fattori di rischio Fattori protettivi Comportamenti suicidari e psicopatologia
Primo intervento Esperienza di intervento Modelli di trattamento Valutazione trattamento Terapia farmacologica Prevenzione Libri
Link Suggerimenti per i media Dal web: articoli e riflessioni Dal web: articoli e riflessioni in lingua originale Raccolta di articoli pubblicati Novità Cinema
Riflessioni attuali        Link al precedente sito web






Le emergenze psichiatriche nei bambini e negli adolescenti

Fadi Haddad, M.D. Director Emeritus, Bellevue Hospital Children’s Comprehensive Psychiatric Emergency Program; Clinical Assistant Professor, Department of Child and Adolescent Psychiatry, NYU School of Medicine, New York, New York

Ruth Gerson, M.D. Director, Bellevue Hospital Children’s Comprehen1sive Psychiatric Emergency Program; Clinical Assistant Professor, Department of Child and Adolescent Psychiatry, NYU School of Medicine, New York, New York


A cura di Alessandro Zuddas (First Published in Italy by EDRA S.p.A. in Italian. EDRA S.p.A. is theexclusive publisher of the Helping Kids in Crisis Managing Psychiatric Emergencies in Children and Adolescents, First Edition,Copyright ©2015, authored by Fadi Haddad, M.D., and Ruth Gerson, M.D. in Italian for distribution worldwide).


Tra le emergenze psichiatriche nei bambini e negli adolescenti, trovano spazio, i comportamenti autolesivi e suicidari. Riportiamo un estratto ed invitiamo alla lettura del testo originale

Suicidio e comportamenti autolesivi  Gabrielle S. Carson, Ph.D.

I pensieri suicidari, i tentativi di suicidio e i comportamenti autolesivi costituiscono problemi gravi e difficili sia nei bambini sia negli adolescenti. Il suicidio rappresenta la terza causa di morte tra i giovani di età compresa tra i 10 e i 24 anni (Anderson e Smith, 2005; Centers for Disease Control and Prevention, 2007). I tentati suicidi sono molto rari tra i bambini, sebbene anche i bambini piccoli possano presentare ideazione suicidaria. Sfortunatamente, nella popolazione di adolescenti, i tentativi di suicidio sono più frequenti. Ogni anno, 1 adolescente su 5 prende seriamente in considerazione il suicidio e 1 adolescente su 12 arriva a compierne un tentativo (Centers for Disease Control and Prevention, 2012). Il rischio associato all’ideazione suicidaria o all’intenzionalità può risultare di difficile valutazione e mette la scuola, i genitori e le altre persone che lavorano a stretto contatto con il bambino in una posizione allarmante e difficile.

I motivi per cui un bambino o un adolescente possono pensare al suicidio o tentare di togliersi la vita sono vari, ma generalmente coloro che tentano il suicidio si trovano in una situazione di grave stress e sono incapaci di vedere un’altra possibile via di uscita alle proprie difficoltà. La “goccia che fa traboccare il vaso” che spinge un minore a mettere in atto un tentativo di suicidio è spesso un comune fattore di stress ambientale, come un litigio con i genitori, la conclusione di una relazione sentimentale, essere respinto dagli amici, andare male a scuola, ricevere una pagella deludente, o altri tipi di difficoltà tipiche dell’infanzia. Sebbene una di queste comuni difficoltà di vita costituisca spesso “la goccia che fa traboccare il vaso” prima di un tentativo di suicidio, le persone che si tolgono la vita spesso stanno vivendo delle situazioni sottostanti complicate e quasi sempre presentano segnali di allarme che rivelano il loro essere in difficoltà. Identificare questi segnali di allarme, notare le condizioni sottostanti e ottenere aiuto per i minori a rischio di suicidio è estremamente importante, ma spesso costituisce un’impresa difficoltosa.

Molti bambini e adolescenti si feriscono con l’intenzione di uccidersi. I comportamenti autolesivi, compresi il tagliarsi, il bruciarsi o altri comportamenti di autolesionismo, sono problematici di per sé e sono, inoltre, suggestivi di un elevato rischio di suicidio (Guan et al., 2012). Talvolta gli adolescenti si tagliano o si bruciano come tentativo di suicidio ma, più comunemente, i bambini non desiderano morire: utilizzano l’autolesionismo come tentativo di gestire un dolore emotivo o uno stress. Gli adolescenti spesso descrivono il tagliarsi come una “liberazione” da emozioni intense e angoscianti, o come il trasporre un dolore emotivo in un dolore fisico che è vissuto come più tollerabile. Questa modalità viene spesso utilizzata dagli adolescenti quando non possiedono metodi più efficaci per gestire un dolore emotivo. Il comprendere le intenzioni dietro al comportamento autolesivo di un adolescente è importante per poter valutare il rischio e determinare le modalità di intervento. A prescindere dall’intenzione, l’autolesionismo costituisce un grave problema che richiede intervento.

L’ideazione suicidaria e i comportamenti autolesivi possono essere passibili di effetti copycat (emulazione): sapere di un coetaneo o di un compagno di classe che si è tagliato o che è morto suicida aumenta il rischio di suicidio per gli altri adolescenti in quella stessa comunità. In queste situazioni, l’intervento di prevenzione è fondamentale e può risultare estremamente efficace.

Presentazione del caso

Leila è una ragazza di 15 anni, studentessa diligente, ma che di recente ha avuto un crollo dei voti e, nel corso delle ultime 3 settimane, ha iniziato a frequentare in modo incostante la scuola. L’insegnante di Leila aveva notato non solo la scarsa frequenza della ragazza, ma anche il fatto che non partecipava molto in classe, era scortese e irritabile quando gli insegnanti le rivolgevano delle domande. In aggiunta, uno degli amici di Leila si era recato nell’ufficio dell’insegnante per confessarle che la ragazza si era tagliata il braccio con una matita rotta e aveva mostrato i tagli agli amici e ai compagni di classe. Leila si irritò quando l’insegnante le domandò dei tagli e del recente comportamento e rispose: “Non posso più farlo. Tutti dovrebbero lasciarmi da sola”. L’insegnante espresse la propria preoccupazione al consulente scolastico e Leila venne quindi convocata nel suo ufficio, dove pianse per i 30 minuti successivi affermando che “avrebbe solo voluto sparire” e che “tutti avrebbero dovuto lasciarmi da sola e lasciarmi in pace”. In passato Leila aveva seguito una terapia per la depressione e le era stato prescritto un antidepressivo, ma aveva terminato la cura e attualmente non stava assumendo nulla né stava seguendo un percorso di counseling o di terapia.

Comprendere la crisi

Per i genitori, le famiglie e i professionisti che lavorano con bambini e adolescenti, il pensiero che un bambino tenti il suicidio è spaventoso e sconvolgente. Il primo passo è quello di ottenere quante più informazioni possibili relative al livello e al tipo di ideazione suicidaria o di autolesionismo a scopo non suicidario. Il Center for Disease Control and Prevention ha definito diverse categorie di pensieri e comportamenti suicidari per aiutare i medici a stabilire in modo chiaro il rischio e decidere l’appropriato livello di trattamento. Queste categorie si basano sul sistema di classificazione della Columbia Suicide Severity Rating Scale (Crosby et al., 2011). Le tre categorie di pensieri e comportamenti, elencati in Tabella 3-1, comprendono cinque livelli di ideazione suicidaria e cinque livelli di comportamento suicidario, come pure una categoria “comportamento autolesivo, privo di intenzionalità suicidaria”.


 TABELLA 3-1. Categorie di ideazione e comportamenti suicidari, istituiti dal Center for Disease Control and Prevention e definiti sulla base della Columbia Suicide Severity Rating Scale (Posner et al., 2011)

Ideazione suicidaria

Passiva

Attiva, aspecifica – no modalità o piano

Attiva – modalità, ma non intenzione o piano

Attiva – modalità e intenzione, ma non piano

Attiva – modalità, intenzione e piano

Comportamento suicidario

Suicidio completato

Tentato suicidio

Suicidio interrotto

Tentativo abortito

Azioni preparatorie finalizzate a imminenti comportamenti suicidari

Comportamento autolesivo, privo di intenzionalità suicidaria

Da: Posner et al., 2011.

Per ideazione suicidaria si intende la presenza di idee relative al suicidio, che possono includere pensieri o fantasie riguardo alla morte o al morire. L’ideazione suicidaria passiva si riferisce a pensieri relativi al morire senza alcuna intenzione di mettere in atto tali pensieri e senza alcun piano su come poter commettere il suicidio. L’ideazione suicidaria passiva include pensieri e affermazioni come: “Vorrei non essere mai esistito”, “Sarebbe meglio se fossi morto” o “Avrei preferito non essermi risvegliato stamattina”. L’ideazione suicidaria attiva include pensieri relativi al morire o all’uccidersi, ma con l’aggiunta degli strumenti per commettere il suicidio, della parziale intenzione a mettere in pratica il pensiero o di un piano strutturato su come la persona commetterà il suicidio.

Per comportamento suicidario ci si riferisce a qualsiasi mossa compiuta dalla persona rispetto al mettere in pratica un pensiero suicidario. Questo può comprendere il mettere da parte farmaci per una successiva possibile overdose, camminare lungo un fiume valutando possibili postazioni da cui buttarsi, o compiere di fatto un tentativo, come cercare di impiccarsi, tentare l’overdose o, eventualmente, nel caso di bambini, correre in mezzo al traffico.

comportamenti autolesivi come il tagliarsi, il graffiarsi o il bruciarsi possono avere valenza suicidaria o non suicidaria: la distinzione dipende dalle intenzioni del soggetto quando mette in atto il comportamento, come anche dalla sua capacità di comprendere le conseguenze di questi comportamenti. Spesso i bambini e gli adolescenti mettono in pratica comportamenti autolesivi senza alcun intento o desiderio di morire (autolesionismo non suicidario). Le ragioni per questo tipo di autolesionismo possono includere il sollievo da emozioni soffocanti, il tentativo di alleviare un senso di torpore e “provare qualcosa” o un’espressione di sofferenza. In altri casi, il tagliarsi o altre forme di autolesionismo vengono compiuti con intenzionalità suicidaria e il bambino, o l’adolescente, pensa o spera di morire in seguito alla lesione. In questi casi, l’autolesionismo è considerato di natura suicidaria.

Nel caso riportato, Leila aveva attuato un comportamento autolesivo e aveva espresso pensieri suicidari passivi quando aveva affermato che desiderava “soltanto poter scomparire”. Per una migliore comprensione del suo caso, sarebbe stato importante ricercare attentamente altri segnali di allarme e domandare agli adulti che la conoscevano bene se avevano notato un qualsiasi cambiamento nel suo comportamento o umore. Nel caso in questione, vi erano segnali che le cose non stavano andando bene per Leila da almeno qualche settimana. Sarebbe stato utile capire se era cambiato qualcosa in quel periodo di tempo, inclusa la presenza di nuovi o aumentati fattori di stress come un lutto in famiglia, o se Leila era stata vittima di qualche tipo di evento traumatico o di abuso. È possibile che avesse litigato con un caro amico, che fosse stata vittima di bullismo o che ci fosse stata una separazione o che il divorzio dei genitori poteva aver contribuito a far sentire peggio la ragazza.

Sarebbe inoltre importante capire che cosa fosse accaduto nel giorno in cui si era tagliata o nella settimana che l’aveva poi portata all’autolesionismo, per quanto tempo Leila si era sentita in quel modo. Sarebbe utile domandare se Leila fosse stata in grado di descrivere come si sentiva e che cosa stava pensando quando si era tagliata, nei momenti precedenti e appena successivi; queste informazioni possono aiutarci a capire la funzione dell’autolesionismo (es.: per sollevarsi da un’emozione travolgente o dall’ansia). Possono esserci fattori nella prima parte della giornata o della settimana – anche piccole cose come lo scarso riposo la notte precedente – che possono rendere il minore vulnerabile a sentirsi oppresso e spingerlo all’autolesionismo. Il modo in cui gli altri reagiscono all’autolesionismo e all’intenzionalità suicidaria può aumentare la probabilità che il minore metta in atto tali comportamenti. Per esempio, quando Leila aveva mostrato i propri tagli agli amici, loro le diedero molta attenzione, interesse e rassicurazione. Tale attenzione la aiutò a sentirsi meglio al momento, ma nel lungo termine potrebbe aver aumentato la probabilità che si tagliasse nuovamente per ottenere una simile attenzione positiva. Per alcuni minori, l’autolesionismo e l’intenzionalità suicidaria possono rappresentare un modo per esprimere qualcosa – un bisogno di attenzione o un desiderio di aiuto – che non sanno come esprimere a parole.

Ogni informazione di cui erano a conoscenza genitori o staff scolastico relativa a precedenti gesti autolesivi, affermazioni relative alla morte o al suicidio, tentativi di togliersi la vita, ricerche che Leila aveva compiuto su metodi per suicidarsi o passi fatti rispetto al mettere in atto l’ideazione suicidaria avrebbero dovuto essere comunicati a qualsiasi professionista di salute mentale in sede ambulatoriale o allo psichiatra di Pronto Soccorso che avrebbe dovuto valutare Leila. In questo caso, Leila presentava anche una storia di depressione, ma al momento non stava seguendo alcuna terapia. Questo potrebbe aver contribuito al peggioramento della depressione. Per migliorare la comprensione delle recenti difficoltà della ragazza, si sarebbero dovuti indagare con Leila e con i genitori le ragioni per le quali la giovane aveva interrotto il trattamento, se questo le era stato d’aiuto in passato e se era stato compiuto qualche tentativo di riprendere la terapia o i farmaci.

Identificare i bambini a rischio di suicidio

Esistono diversi fattori di rischio associati al suicidio, ma ve ne sono alcuni che costituiscono chiari segnali di allarme. Circa il 90% di coloro che muoiono suicidi soffriva di depressione, di altri disturbi psichiatrici e/o di abuso di sostanze (Fleischmann et al., 2005). Spesso i bambini e gli adolescenti che tentano il suicidio presentano un disturbo psichiatrico e contemporaneamente assumono droghe o alcol. Prendere questi fattori seriamente in considerazione e intervenire rapidamente per affrontarli è il miglior modo per prevenire il suicidio.

La depressione maggiore, in particolare, è stata identificata come un importante fattore di rischio negli adolescenti per suicidio completato. Anche la presenza di alcuni sintomi depressivi, in assenza di una diagnosi formale, mette il minore a maggior rischio di suicidio (Wolitzky-Taylor et al., 2010). Nel contesto scolastico, i segni di depressione possono includere un calo nella resa scolastica, l’isolarsi dagli amici, il piangere o la tendenza al pianto, l’arrivare a scuola ubriaco o sotto effetto di sostanze, come anche gli scoppi di ira. I minori che presentano una qualsiasi combinazione di questi fattori di rischio dovrebbero essere ulteriormente valutati.

I bambini e gli adolescenti che pensano al suicidio spesso forniscono alcuni indizi del fatto che stanno avendo tali pensieri. Ciò spesso avviene sotto forma di affermazioni sulla morte, sul morire o sul farla finita con la vita; scrivere online o su un giornale di morte o del morire; postare messaggi online dicendo addio ad amici e alla famiglia; regalare oggetti personali. Qualsiasi di queste affermazioni o comportamenti dovrebbe essere fonte di preoccupazione e di indagini scrupolose.

Precedenti tentativi di suicidio, anche se non sono risultati pericolosi per la vita, costituiscono un significativo e importante segnale di allarme. I bambini e gli adolescenti che hanno compiuto dei tentativi di suicidio in passato sono a rischio maggiore per successivi tentativi e completamento di suicidio, anche se sono stati ricoverati o se hanno ricevuto un trattamento dopo il gesto (Nock et al., 2013). Tutti i tentativi di suicidio, senza considerare la loro letalità, tipologia o intenzionalità, dovrebbero essere presi in seria considerazione e ritenuti chiari indicatori della presenza di qualcosa che va male.

I minori sottoposti ad alcuni tipi di grave stress si trovano a rischio maggiore di sviluppare ideazione suicidaria. I fattori stressanti che sono stati identificati come associati a un aumentato rischio di suicidio includono: esposizione a violenza o a un trauma, incluso violenza fisica e abuso sessuale; condizioni di disagio socioeconomico; identificarsi come gay, lesbiche, bisessuali o transgender (Liu e Mustanski, 2012). Avere un membro in famiglia che ha tentato o commesso suicidio aumenta il livello di rischio per il bambino all’interno di quella famiglia, soprattutto se il minore conosce il familiare che ha commesso il gesto. In aggiunta, i bambini e gli adolescenti che hanno vissuto significativi mutamenti come cambio di residenza, divorzio dei genitori, rottura di una relazione sentimentale o morte di una persona cara possono presentare un rischio aumentato. Più di recente, il bullismo e il cyberbullismo sono stati implicati come fattori significativi in molti suicidi di adolescenti. Il bullismo causa immensa sofferenza e contribuisce all’isolamento sociale e al senso di inutilità. I minori che si trovano ad affrontare uno o più di questi fattori stressanti possono beneficiare di un supporto preventivo, dell’intervento da parte degli adulti come anche di un attento monitoraggio.

L’essere stato soggetto a eventi traumatici, incluso l’abuso fisico, l’abuso sessuale o l’essere stato testimone di violenza domestica o di comunità, aumenta il rischio di suicidio per il minore (Saewyc e Chen, 2013). Molti bambini traumatizzati che hanno un disturbo da stress post-traumatico (PTSD), ansia, depressione o problemi comportamentali sono più propensi a comportamenti rischiosi. I bambini che hanno subito dei traumi spesso vivono con aumentati livelli di ansia, una sensazione che il mondo o ciò che li circonda non è sicuro, timore di essere di nuovo vittime, sentimenti di paura, autoripugnanza o colpa. Un bambino che è stato abusato o è stato testimone di violenza dovrebbe essere valutato per determinare se presenta sintomi di PTSD o altri sintomi che richiedono trattamento o follow-up. Un buon trattamento attivo può prevenire che lo stress associato all’esposizione al trauma progredisca verso l’intenzionalità suicidaria.

I bambini e gli adolescenti impulsivi e che si espongono a frequenti rischi sono a loro volta a elevato rischio di suicidio. Gli adolescenti, in genere, hanno la tendenza ad agire impulsivamente senza pensare alle conseguenze delle proprie azioni, a causa del modo in cui si sviluppa il loro cervello durante l’adolescenza, e coloro che fanno uso di sostanze o presentano patologie psichiatriche possono risultare ancora più aggressivi. Il rischio di suicidio è più alto negli adolescenti che fanno uso di alcol e droghe, fumano sigarette, ingaggiano scontri fisici, portano armi a scuola o sono sessualmente attivi. Potrebbe essere più facile liquidare i problemi comportamentali come semplici cattivi comportamenti e trattarli come problemi disciplinari, ma tali atteggiamenti dovrebbero costituire dei segnali di allarme rispetto al fatto che qualcosa non va, e si dovrebbero prendere in considerazione le possibili cause alla base di tali comportamenti – inclusi abuso, depressione e bullismo.

Il venire a conoscenza della morte per suicidio di un coetaneo a scuola o nella comunità può produrre a sua volta un incremento del rischio di suicidio negli adolescenti all’interno della comunità stessa. I bambini e gli adolescenti sono vulnerabili a tentativi di “emulazione”, pertanto se c’è stato un suicidio all’interno della comunità, le persone di riferimento in ambito scolastico e di comunità dovrebbero organizzare dei servizi di sorveglianza e prevenzione per identificare altri adolescenti a rischio.

I social media giocano un ruolo importante nelle vite di molti bambini e adolescenti. Spesso i social media forniscono una fonte di sostegno per minori che potrebbero essere isolati dai propri coetanei all’interno delle loro scuole e comunità, e adolescenti a rischio di suicidio potrebbero usare questi sbocchi per cercare aiuto. Allo stesso tempo, i social media vengono anche usati dagli adolescenti per cercare incoraggiamento da parte di altri adolescenti nel commettere suicidio. I patti di suicidio online, i siti in cui gli adolescenti parlano di tagliarsi o di altre forme di autolesionismo, e dove addirittura postano video in cui mostrano i metodi di autolesionismo stanno diventando sempre più comuni e seriamente preoccupanti. Non vi è alcun sostituto all’attento monitoraggio dei genitori ed è bene impostare limiti sull’utilizzo dei social media se vi è qualche indizio o sospetto che alcune di queste cose stiano avvenendo.

Sia ragazzi sia ragazze possono commettere suicidio; a ogni modo, si è riscontrato che le ragazze hanno maggiori pensieri suicidari e compiono maggiori tentativi, mentre i ragazzi hanno più probabilità di morire a seguito di tentativi di suicidio poiché tendono a scegliere dei metodi più violenti e pericolosi (Centers for Disease Control and Prevention, 2007). Infine, la possibilità di avere accesso a strumenti letali, in particolare armi, aumenta il rischio che un bambino o un adolescente porti a termine il gesto.

Diagnosi differenziale

La grande maggioranza dei bambini e degli adolescenti che manifesta pensieri suicidari, che compie tentativi di suicidio o che intenzionalmente si ferisce presenta disturbi psichiatrici diagnosticati o non diagnosticati. L’intenzionalità suicidaria dovrebbe essere un chiaro segnale che c’è qualcosa che non va e che il minore dovrebbe essere valutato non solo per il rischio immediato, ma anche per il sottostante disturbo psichiatrico. I comportamenti autolesivi, non sempre finalizzati al suicidio, sono a loro volta un segno che il bambino non è in grado di affrontare qualcosa nella propria vita in modo adattativo e sano e, a sua volta, richiede uno stretto monitoraggio e trattamento.

Depressione

Molti bambini e adolescenti suicidi hanno silenziosamente lottato con la depressione per un certo periodo di tempo. La depressione può essere differente nei diversi bambini, ma spesso implica rilevanti cambiamenti del comportamento e del funzionamento. I sintomi della depressione includono tristezza, irritabilità, perdita di interesse in attività che precedentemente davano piacere, sentimenti di colpa o di inutilità, cambiamenti del sonno (incluso il dormire troppo o troppo poco), cambiamenti nell’appetito, ritiro sociale e disperazione. Alcuni bambini si presentano molto più irritabili, facilmente frustrati e arrabbiati quando depressi. Il sentimento di tristezza e di disperazione che spesso accompagna la depressione può portare il bambino a pensare che le cose non cambieranno mai o non miglioreranno e che, dunque, il suicidio è l’unica possibilità di fuga dal dolore e dall’infelicità. Alcuni bambini si tagliano per fuggire alla sensazione di torpore che può accompagnare la depressione o nel tentativo di alleviare il dolore emotivo del sentirsi depressi.

Disturbo bipolare

Il disturbo bipolare include i sintomi della depressione descritti in precedenza, come anche periodi di mania: diversi giorni o settimane di ridotto bisogno di dormire, eccessiva energia, sensazione di euforia e invincibilità, aumentata irritabilità, grandiosità e comportamenti rischiosi. Il disturbo bipolare è raro nei bambini, ma non tutti i cambiamenti dell’umore o le oscillazioni dell’umore nei bambini sono attribuibili a un disturbo bipolare. Spesso, nei bambini, i sintomi depressivi e maniacali possono essere mescolati e sono meno chiaramente divisibili in episodi facilmente identificabili come nel caso degli adulti. La disregolazione emotiva, i rapidi cambiamenti dell’umore e gli scoppi d’ira, come le allucinazioni e i deliri, possono essere sintomi del disturbo bipolare. Il disturbo bipolare può aumentare il rischio di suicidio nei bambini e negli adolescenti per diversi motivi. In primo luogo, compromette il pensiero razionale e rende gli adolescenti più impulsivi, mettendoli a rischio di comportamenti impulsivi autodistruttivi. In secondo luogo, i sintomi del disturbo bipolare sono difficili da gestire, spesso contribuiscono ai problemi interpersonali e possono intaccare l’autostima. I giovani a cui da poco è stata posta la diagnosi di disturbo bipolare dovrebbero essere attentamente monitorati dal momento che devono affrontare lo stress derivante dall’accettare la nuova diagnosi.

Disturbi d’ansia, disturbo ossessivo-compulsivo e disturbi correlati

Vi sono diversi tipi di disturbi di ansia, incluso il disturbo d’ansia generalizzata, il disturbo di panico, l’ansia di separazione, fobie specifiche e sociali. Il disturbo ossessivo-compulsivo, una volta classificato tra i disturbi d’ansia e ora collocato in una diversa classe diagnostica (disturbo ossessivo-compulsivo e disturbi correlati), implica a sua volta ansia marcata. L’ansia eccessiva è un’esperienza angosciante e spiacevole e può risultare difficile da tollerare per lunghi periodi di tempo, pertanto gli adolescenti possono tagliarsi per cercare di alleviare la tensione. Alcuni adolescenti con ansia sono profondamente consapevoli e imbarazzati dai loro sintomi, cosa che può condurli alla vergogna e a pensieri o comportamenti suicidari.

Uso di sostanze

Sebbene pochi bambini e molti adolescenti sperimentino droghe e alcol, per alcuni adolescenti l’uso di sostanze va oltre la semplice esperienza e può diventare una dipendenza come anche un modo per tentare di affrontare i problemi. L’uso più estremo di sostanze, specialmente quando è presente un disturbo psichiatrico, è un fattore di rischio per suicidio particolarmente preoccupante. Le droghe e l’alcol abbassano l’inibizione, intaccano la capacità di pensare in modo chiaro e di fare scelte corrette, e aumentano la probabilità che si agisca in modo impulsivo. Pertanto, molti tentativi di suicidio vengono attuati quando la persona è intossicata. In aggiunta, l’avere un problema con le sostanze rappresenta un importante fattore di stress di per sé e può far sì che l’adolescente senta di avere ancora meno controllo sulla propria vita e sul proprio futuro.

Trauma e disturbo da stress post-traumatico

I bambini e gli adolescenti che sono stati fisicamente o sessualmente abusati, o che sono stati testimoni di gravi violenze domestiche o di eventi violenti, si trovano ad affrontare un livello di stress notevolmente maggiore rispetto alla media dei bambini. Questo li colloca a maggior rischio di problematiche di ordine di salute mentale, problemi comportamentali e suicidio. Le loro esperienze traumatiche possono far sì che si sentano incapaci di fidarsi degli altri o che ritengano il mondo un luogo intrinsecamente insicuro e inaffidabile. Possono provare una profonda vergogna, condannare se stessi per l’evento traumatico o sentirsi così assediati dai ricordi traumatici da percepire l’autolesionismo o il suicidio come l’unico modo per affrontare la condizione. Un sottogruppo di bambini che sono stati esposti a eventi traumatici presenta sintomi che soddisfano i criteri per PTSD e/o altri disturbi psichiatrici, con ulteriore aumentato rischio di autolesionismo.

Psicosi

La psicosi è un disturbo del pensiero e si verifica quando la capacità di riconoscere la realtà è compromessa. È una condizione davvero rara nei bambini e infrequente negli adolescenti, ma può verificarsi secondariamente ad altre diagnosi psichiatriche incluse depressione, disturbo bipolare e schizofrenia. I sintomi psicotici includono disturbi della percezione come allucinazioni uditive e visive e anche deliri. Altri segni più sfumati che potrebbero far pensare che una persona è psicotica includono il diventare più isolato, la scarsa attenzione all’igiene personale, il ritiro dalle normali attività e affermazioni o comunicazioni che non hanno senso. Certi sintomi psicotici sono particolarmente pericolosi. Alcuni giovani possono avere allucinazioni uditive in cui “la voce mi dice di tagliarmi” o “le voci mi dicono di uccidermi” e sono particolarmente a rischio di suicidio o di autolesionismo. Altri giovani sviluppano deliri che risultano per loro stessi particolarmente spaventosi, come quello di essere il demonio o di essere dannato, e che possono portarli a pensieri o a comportamenti suicidari. Anche se questi sintomi vengono trattati, gli adolescenti a cui da poco è stata posta diagnosi di un disturbo psicotico, come la schizofrenia, risultano ad aumentato rischio di suicidio dal momento che si trovano in difficoltà a comprendere la loro nuova diagnosi e le possibilità per il loro futuro.

Disturbo da deficit di attenzione/iperattività

Sebbene la tendenza al suicidio e ai comportamenti autolesivi non sia tipica dei bambini con disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD), questi bambini spesso sono impulsivi e possono non pensare lucidamente alle conseguenze delle loro azioni prima di agire. Questo può aumentare il rischio che facciano qualcosa per ferire se stessi nel mezzo di un litigio, durante un momento stressante, o quando provano una forte emozione senza considerare completamente i possibili esiti o senza essere in grado di pensare razionalmente a un modo alternativo per gestire la situazione. In aggiunta, i bambini con ADHD spesso presentano difficoltà nel regolare le proprie emozioni e, pertanto, possono essere meno abili a tollerare situazioni stressanti e a rispondervi in modo appropriato.

Disturbi dello spettro autistico

Molti giovani con disturbi dello spettro autistico tendono a essere rigidi, con pensiero dicotomico bianco-nero, tendono ad avere un comportamento impulsivo e difficoltà a gestire la frustrazione. Possono anche essere vittime di prese in giro o di bullismo da parte dei coetanei o essere socialmente isolati poiché sembrano “strani” ai coetanei; ciò può metterli in una condizione di aumentato rischio di suicidio quando affrontano uno stress acuto.

Identificare i fattori scatenanti immediati

Quando un bambino o un adolescente esprime ideazione suicidaria o mette in atto l’autolesionismo, è necessario raccogliere informazioni dettagliate per una completa comprensione del contesto in cui si sono verificati l’affermazione o il comportamento. Ciò si può fare ricorrendo a una discussione dettagliata con il minore o con un’“analisi a catena” in cui vengono registrati gli eventi, i fattori scatenanti immediati, i pensieri, gli stati d’animo del bambino che hanno portato e che sono immediatamente seguiti all’evento (Tabella 3-2). In caso di autolesionismo, come il tagliarsi, il bambino dovrebbe essere interrogato in merito al periodo antecedente al tagliarsi, agli aspetti quali i fattori stressanti più generali nel corso di diverse settimane precedenti, eventi precedenti nel giorno in questione, specifici pensieri o stati d’animo, qualsiasi tentativo di gestione della situazione in altro modo, la decisione o l’impulso a tagliarsi, dove e quando il minore si è tagliato, quale strumento ha utilizzato per farlo, come lo ha ottenuto, come si è tagliato e che cosa ha pensato, provato e fatto in seguito, come pure la reazione di qualsiasi persona venuta a conoscenza del taglio. Questo fornisce un’opportunità di discussione riguardo al momento, nella catena di eventi, in cui il bambino o l’adolescente avrebbe potuto fare qualcosa di diverso o dove avrebbe potuto ottenere supporto dagli altri. Lo stesso approccio può essere utilizzato per valutare qualsiasi fattore scatenante che ha fatto precipitare un’intenzionalità o un comportamento suicidario.

 TABELLA 3-2. Fattori di rischio e fattori scatenanti immediati per suicidio e autolesionismo

Fattori ambientali

Precedente suicidio di un coetaneo o di un familiare

Violenza domestica

Abuso fisico o trascuratezza

Bullismo o cyberbullismo

Isolamento sociale

Stress familiare

Fattori del bambino

Depressione

Impulsività

Precedente autolesionismo o tentativi di suicidio

Disperazione

Idee che la morte sia una liberazione dalla sofferenza

Problemi di sonno

Storia di abuso o trauma

Abuso di sostanze

Difficoltà nella comunicazione o nel problem solving

Giovani che si identificano nelle minoranze sessuali (gay, lesbiche o transgender)

Malattie psichiatriche

Disturbi dell’umore (disturbi depressivi, disturbo bipolare)

Abuso di sostanze

Trauma e disturbo da stress post-traumatico

Psicosi

Disturbi dello spettro autistico

Disturbo da deficit di attenzione/iperattività

Disturbi d’ansia

Disturbo ossessivo-compulsivo

Fattori scatenanti immediati

Sentimenti di colpa o di rifiuto

Sbeffeggio da parte dei coetanei

Rottura sentimentale o perdita

Ricordi di esperienze traumatiche o abusi

Conflitti familiari

Valutazione del rischio

I bambini o gli adolescenti che stanno considerando il suicidio o che si lesionano spesso presentano dei segnali di allarme, anche se non possono chiedere direttamente aiuto. I segnali di allarme a cui prestare attenzione includono: diventare più chiuso, isolato, irritabile, ansioso, demotivato; non prendersi cura dell’igiene personale, dei compiti scolastici o di altre importanti attività; avere cambiamenti nel mangiare o nel dormire; utilizzare droghe o alcol; esprimere disperazione per il futuro, o sentimenti di bassa autostima, colpa o inutilità. I minori che iniziano a parlare di morte o di morire, che regalano le proprie cose o che scrivono un biglietto di suicidio sono a rischio particolarmente elevato.

È altrettanto importante considerare il contesto o l’ambiente. Un minore che è socialmente isolato o che si trova in difficoltà per un recente rifiuto o perdita, come un lutto, un divorzio o una rottura sentimentale, è a rischio maggiore. Spesso, se domandato direttamente in un ambiente tranquillo, sicuro e confidenziale, il bambino e l’adolescente saranno onesti rispetto ai loro pensieri suicidari e all’autolesionismo.

Stabilizzazione sul posto

Vi è un comune pregiudizio sul fatto che parlare di suicidio possa “mettere in testa l’idea” e far sì che il bambino compia un tentativo di suicidio. Questo non è vero. Infatti, la comunicazione aperta riguardo al suicidio, fatta in modo calmo e senza giudicare, manda agli adolescenti il messaggio che gli adulti si preoccupano di loro, che sono in grado di gestire questi argomenti e che sanno come aiutarli. Aver affrontato queste discussioni aumenta la probabilità che un bambino o un adolescente in difficoltà possa cercare aiuto da un parente, un insegnante, un consulente scolastico o un allenatore. In modo analogo, una premurosa discussione sull’autolesionismo può avere un importante impatto per un bambino o un adolescente a rischio.

Se un insegnante, genitore, allenatore o pediatra scopre che un bambino ha avuto pensieri suicidari o ha messo in atto comportamenti autolesivi, la stabilizzazione sul posto al momento della crisi dovrebbe includere il fornire sostegno al bambino, il fargli arrivare il messaggio che lui è importante e che ci si sta prendendo cura di lui. Ai minori che hanno affermato di pensare al suicidio o che hanno volontariamente ferito se stessi, dovrebbe essere fornito un luogo calmo e confidenziale in cui parlare dei loro stati d’animo e per discutere degli incidenti che li hanno portati a formulare affermazioni relative al suicidio o all’autolesionismo, mentre gli adulti coinvolti determinano i passi successivi. Il minore non dovrebbe essere lasciato solo neppure un momento se vi è il sospetto che ha recentemente presentato intenzionalità suicidaria.

Togliere l’accesso a potenziali mezzi di suicidio o di autolesionismo è importante qualora si sia identificato un minore a rischio. Questo è particolarmente importante quando sono presenti armi, ma anche altri articoli pericolosi, inclusi farmaci, pesticidi, sostanze tossiche per la casa, coltelli e altri oggetti affilati che dovrebbero essere rimossi e collocati in un luogo non accessibile a bambini e adolescenti. I genitori dovrebbero essere educati a mettere in atto questi accorgimenti nella propria casa qualora il bambino o l’adolescente sia a rischio suicidario o di comportamenti autolesivi.

Cogliere i segnali di allarme

Il personale scolastico, i pediatri, i sacerdoti, gli educatori, gli allenatori e i genitori conoscono meglio i bambini o si trovano in una condizione migliore per cogliere i segnali di allarme che qualcosa non va. I segnali di allarme, come discusso in precedenza, includono: l’evidenza fisica di tagli o bruciature; parlare di morte o di morire; abuso di droghe o alcol, sfiducia nel futuro; lutto recente; cambiamenti nella personalità o nella motivazione; ritiro sociale; perdita di interesse nelle attività; riduzione del sonno, dell’appetito, dell’igiene o della concentrazione; cambiamenti nel rendimento scolastico; comportamento bizzarro o incostante; sentimenti di bassa autostima, colpa o inutilità.

Ascoltare ed empatizzare

Se un minore si è tagliato o ha messo in atto un comportamento autolesivo, è importante fare domande a riguardo, senza giudicare, e comprendere la prospettiva del minore stesso. Può essere doloroso per un adulto scoprire che un bambino di cui si sta prendendo cura si è ferito, ma è necessario cercare di mantenere la calma ed evitare reazioni forti, dal momento che spesso i bambini hanno nascosto l’autolesionismo per timore di infastidire gli altri. È importante domandare al minore quando e dove si è ferito e qual era la sua intenzione in quel momento, con particolare attenzione a indagare se si è ferito a scopo suicidario o per altre ragioni, sondare qualsiasi fattore o fattore stressante che ha portato all’autolesionismo, che cosa ha utilizzato per ferirsi, come si è sentito prima e se aveva dei pensieri mentre lo faceva. Qualsiasi lesione dovrebbe essere ispezionata visivamente per stabilire se il bambino necessita di cure mediche, come per esempio dei punti di sutura. Queste informazioni possono essere utilizzate per determinare quale livello di cure di follow-up è adeguato, come un counseling scolastico, per riferire possibilmente ai genitori, inviare il bambino per una presa in carico ambulatoriale o inviarlo al Pronto Soccorso (PS).

Collaborare per trovare soluzioni

Il minore dovrebbe essere reso parte della discussione per stabilire i passi successivi o il follow-up successivo alla crisi. Spesso il minore chiederà che gli argomenti vengano mantenuti segreti ed è importante essere onesti con lui riguardo a quali persone verranno informate e perché. Se un genitore viene informato, il minore dovrebbe esserne messo a conoscenza e dovrebbe essergli data la possibilità di raccontare in prima persona al genitore o di essere presente quando questo avviene. Il bisogno di garantire la sicurezza del bambino deve essere enfatizzato come la principale priorità e come il razionale per informare gli altri.

Determinare se dire a un genitore che il figlio si è intenzionalmente ferito può essere una decisione difficile. Nella maggior parte dei casi è importante che il genitore o il caregiver responsabile del bambino capisca che questo è accaduto, così da poter essere parte della prevenzione di futuri gesti di autolesionismo e da poter individuare qualsiasi cosa sottostante abbia potuto contribuire a tale comportamento. I caregiver dovranno spesso togliere oggetti pericolosi dalle proprie case a seguito dell’avvenuto autolesionismo e dovranno spesso cercare una cura per il proprio figlio. In rari casi, come quando un minore si graffia in modo superficiale la prima volta, il medico potrebbe decidere di affrontare questa situazione direttamente con il minore senza informare immediatamente un genitore; a ogni modo, tale decisione dovrebbe essere attentamente valutata, dal momento che spesso l’autolesionismo costituisce un segnale che il bambino necessita di un maggior sostegno e monitoraggio, compreso a casa.

Quando si scopre che un bambino a scuola, o in altre attività parascolastiche, ha pensieri suicidari i genitori dovrebbero essere immediatamente informati, dovrebbero andare a prenderlo e parlare con il personale in merito a ciò che ha detto. Se il genitore è in grado di portare il minore da un professionista di salute mentale (preferibilmente uno già conosce il bambino) per una tempestiva valutazione, ciò dovrebbe essere fatto il giorno stesso. Se il genitore non è in grado di far valutare il figlio il giorno stesso, il minore dovrebbe essere condotto in ospedale, si dovrebbero chiamare i servizi medici di emergenza e il minore dovrebbe essere scortato in ambulanza, con il genitore che lo accompagna. Se non è possibile rintracciare un genitore o un caregiver, un altro adulto fidato dovrebbe accompagnarlo. Se il minore ha un’overdose o si è tagliato in modo profondo, si deve chiamare il 118 e si dovrebbe immediatamente portare in PS per una valutazione sia medica sia psichiatrica.

Imparare dalla crisi

Una volta che la crisi è terminata e il minore è calmo, è necessario sedersi e rivalutare l’accaduto. Questa è un’opportunità per rivedere che cosa è accaduto, identificare i fattori scatenanti e stressanti e trovare modi alternativi per affrontare il futuro. Si può chiedere al minore in che punto di quanto è accaduto lui stesso e gli altri avrebbero potuto agire diversamente e che cosa sarebbe potuto essere utile. Questo può aiutare il minore a mettere in atto delle strategie di coping che potrà utilizzare in futuro, oltre a capire che cosa fare se si sente soprafatto e necessita di richiedere aiuto. Si dovrebbe aiutare il minore a sviluppare un piano di sicurezza che può utilizzare e a cui dovrebbe fare riferimento in caso di pensieri suicidari o di impellenza all’autolesionismo. Un piano di sicurezza dovrebbe includere i nomi di coloro ai quali il minore può chiedere aiuto durante il giorno e la notte, le informazioni di contatto di queste persone e le procedure di emergenza da mettere in atto qualora non fossero raggiungibili, come chiamare il 118 o andare in PS.

Il sostegno della famiglia e della comunità è un punto chiave nell’aiutare minori a rischio e i programmi scolastici di sostegno e coinvolgimento, come anche le attività extracurriculari, possono essere utili per prevenire futuri tentativi di suicidio o gesti di autolesionismo. I minori che si sentono integrati a scuola e nella comunità e che sono impegnati e collegati ad attività positive di doposcuola sono meno vulnerabili a condizioni e fattori stressanti che contribuiscono alla depressione, a mettere in atto comportamenti a rischio, all’autolesionismo e al suicidio.

Quando cercare aiuto

I giovani che si tagliano, che esprimono sentimenti di sfiducia, o condividono pensieri suicidari dovrebbero sempre essere inviati a uno specialista per un trattamento. La terapia dialettico-comportamentale è uno specifico tipo di terapia che risulta particolarmente efficace nell’aiutare gli adolescenti con persistenti comportamenti suicidari o di autolesionismo (Groves et al., 2012) e dovrebbe essere considerata quando si inviano dei giovani per un trattamento, quando questa è disponibile. I comportamenti autolesivi potrebbero non sempre richiedere una valutazione psichiatrica in PS, ma, poiché sono spesso specchio di una sottostante depressione, abuso di sostanze o altri fattori stressanti psicologici, i giovani con tali comportamenti dovrebbero essere inviati a un terapeuta o a uno psichiatra con esperienza. Le affermazioni relative al suicidio o ai tentativi dovrebbero essere sempre valutate da professionisti medici formati. Se un bambino ha verbalizzato pensieri suicidari, ha messo in atto un tentato suicidio o si è riscontrato che stava mettendo in atto dei comportamenti a rischio, dovrebbe essere immediatamente valutato da uno psichiatra o da uno psicologo. Se è già in terapia con un clinico, dovrebbe essere portato dal medico quello stesso giorno. Se non sta ancora seguendo un trattamento, dovrebbe essere portato al PS di competenza per una valutazione. La valutazione in PS implicherà un’intervista con il bambino e il caregiver, come anche con altre persone che conoscono bene il minore. Una volta in PS, il bambino spesso tenderà a minimizzare o a negare di aver pronunciato affermazioni in merito al suicidio o di aver messo in atto comportamenti autolesivi, poiché è imbarazzato, spaventato o preoccupato di far arrabbiare i genitori. Nella raccolta delle informazioni, i medici di PS dipendono molto dallo staff scolastico, dai terapeuti e dalle altre persone che conoscono bene il minore per comprendere che cosa è realmente accaduto e valutare il livello di rischio. Per lo staff medico psichiatrico che valuta il minore è immensamente utile se il personale scolastico che lo ha inviato per la valutazione fornisce una lettera di accompagnamento dettagliata in cui riporta le ragioni dell’invio del bambino, una descrizione di ciò che è avvenuto, qualsiasi cambiamento osservato nel comportamento del bambino e quali preoccupazioni hanno avuto in merito al funzionamento o alla sicurezza del bambino stesso.

Bibliografia

Anderson R, Smith BL: Deaths: leading causes for 2002. Natl Vital Stat Rep 53(17):1–89, 2005

Centers for Disease Control and Prevention, National Center for Injury Prevention and Control: Suicide prevention: youth suicide, 2007. Available at: http://www.cdc.gov/violenceprevention/pub/youth_suicide.html. Accessed June 11, 2014

Centers for Disease Control and Prevention. Youth risk behavior surveillance—United States, 2011. MMWR Surveill Summ 61(4), June 8, 2012. Available from www.cdc.gov/mmwr/pdf/ss/ss6104.pdf. Accessed June 11, 2014

Crosby AE, Ortega L, Melanson C: Self-Directed Violence Surveillance: Uniform Definitions and Recommended Data Elements, Version 1.0. Atlanta, GA, Centers for Disease Control and Prevention, National Center for Injury Prevention and Control, 2011

Fleischmann A, Bertolote JM, Belfer M, Beautrais A: Completed suicide and psychiatric diagnoses in young people: a critical examination of the evidence. Am J Orthopsychiatry 75(4):676–683, 2005

Groves S, Backer H, van den Bosch W, Miller A: Review: dialectical behaviour therapy with adolescents. Child and Adolescent Mental Health 17(2):65–75, 2012

Guan K, Fox KR, Prinstein MJ: Nonsuicidal self-injury as a time-invariant predictor of adolescent suicide ideation and attempts in a diverse community sample. J Consult Clin Psychol 80(5):842–849, 2012

Liu R, Mustanski B: Suicidal ideation and self-harm in lesbian, gay, bisexual, and transgender youth. Am J Prevent Med 42(3):221–228, 2012

Nock M, Green J, Hwang I, et al: Prevalence, correlates, and treatment of lifetime suicidal behavior among adolescents: results from the National Comorbidity

Posner K, Brown GK, Stanley B, et al: The Columbia-Suicide Severity Rating Scale: initial validity and internal consistency findings from three multisite studies with adolescents and adults. Am J Psychiatry 168:1266–1277, 2011

Saewyc E, Chen W: To what extent can adolescent suicide attempts be attributed to violence exposure? A population-based study from Western Canada. Can J Commun Ment Health 32(1):79–94, 2013

Survey Replication Adolescent Supplement. JAMA Psychiatry 70(3)300–310, 2013

Wolitzky-Taylor KB, Ruggiero KJ, McCart MR, et al: Has adolescent suicidality decreased in the United States? Data from two national samples of adolescents interviewed in 1995 and 2005. J Clin Child Adolesc Psychol 39(1):64–76, 2010