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  Il sito fa parte delle iniziative dell'Associazione per la prevenzione dei comportamenti autolesivi e del disagio in età evolutiva

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Associazione Introduzione
   

Associazione per la prevenzione dei comportamenti autolesivi e del disagio in età evolutiva (APADEE)
Presentazione
L’associazione si occupa di fornire aiuto ai soggetti in età evolutiva, anche oltre i 18 anni, che hanno compiuto atti auto lesivi, gesti suicidari o presentino altre manifestazioni espressione di un significativo disagio psichico ed alle loro famiglie; di sensibilizzare l'opinione pubblica in merito ai problemi legati al disagio in età evolutiva, con particolare attenzione ai comportamenti autolesivi e suicidari; di fornire, promuovere e favorire con ogni mezzo interventi assistenziali e iniziative di carattere culturale e scientifico in materia di prevenzione e cura del disagio e dei comportamenti a rischio per la salute psichica in età evolutiva.
Per raggiungere i propri fini  l’associazione agisce direttamente, con proprie iniziative e sostiene progetti di altri enti impegnati nello stesso campo.

Definizione del problema e prevalenza
L’autolesionismo è, assieme ai disturbi del comportamento alimentare e all’uso di droghe, una delle modalità caratteristiche dell’adolescenza di attaccare il proprio corpo come manifestazione di malessere.  Chi compie gesti autolesivi, come risulta da una recente ricerca svolta in Italia su un campione di 548 adolescenti, è portatore di un significativo disagio psichico ed affronta con modalità disadattive le situazioni emotivamente problematiche che vive.
L’autolesionismo pur essendo diverso nell’intenzionalità dal tentato suicidio è, comunque, indice di uno stato grave di sofferenza.

Come modalità di attacco al corpo in adolescenza si considerano:

  • Atti autolesivi come tagli, bruciature, lacerazioni o scarificazioni e tentativi di suicidio
  • Comportamenti sessuali a rischio
  • Abuso di alcool e/o droghe
  • Ripetuti incidenti
  • Disturbi del comportamento alimentare

L’associazione concentra i propri sforzi principalmente sul primo punto che riguarda le condotte autolesive e suicidarie pur nella consapevolezza che tutti i comportamenti elencati sono spesso variamente associati.

Ipotesi psicopatologiche.
L’autolesionismo ed i comportamenti suicidari si distinguono, principalmente, perché nel caso dell’autolesionismo non si desidera metter fine alla propria vita ma, piuttosto, trovare una modalità efficace per controllare e superare una sofferenza psichica intollerabile. Nel caso di tentativi di suicidio c’è invece un progetto per mettere fine  alla propria esistenza.  In comune, per questo le due manifestazioni possono sovrapporsi nella pratica clinica, presentano una difficoltà nel contenere ed elaborare le emozioni negative.
Riportiamo un accenno delle ipotesi patogenetiche più comuni distinguendo autolesionismo e comportamenti suicidari.

Autolesionismo (secondo Jeammet, Fonagy, D Le Breton)
Per attacco al sé corporeo si intende un agito, a volte drammatico, che è espressione dell’impossibilità di contenere a livello mentale la sofferenza psichica.
Sebbene si rilevi un’eterogeneità fenomenologica che distingue i differenti comportamenti di attacco al corpo le diverse manifestazioni sono accomunate dal fatto di costituire un mezzo di controllo sulla realtà esterna per controinvestire una realtà interna che il soggetto non può più contenere ricorrendo a modalità psichiche (Jeammet, 1992).
Secondo Fonagy le persone autolesioniste trasferiscono sul corpo un malessere psichico, incontenibile mentalmente, e lì lo aggrediscono controllandolo ed attenuandolo.
David Le Breton suggerisce come il ricorso al corpo rappresenti talvolta le inadeguatezze della parola e del pensiero. Le persone che si tagliano, si incidono, si feriscono volontariamente e segretamente tentano in realtà di portare il linguaggio a un altro livello, di trascendere la razionalità. La loro pelle diventa la superficie d'iscrizione del loro malessere e del loro rifiuto. Le ferite inflitte al corpo si trasformano infatti in un mezzo per esorcizzare il dolore e la pena.
Ipotesi psicopatologiche per i comportamenti suicidari
Per Fonagy un tentativo di suicidio lo si può definire come una alterazione di funzione riflessiva, ossia di quell'insieme di “processi psicologici sottostanti la capacità di mentalizzare”. (Fonagy et al., 1997, p. 6)
La funzione riflessiva è, dunque, da intendersi come la capacità di vedere e capire se stessi e gli altri in termini di stati mentali, cioè sentimenti, convinzioni, intenzioni e desideri. Della relazione tra difficoltà di mentalizzazione e suicidio possiamo trovare  risonanze significative anche in autori che da tempo si occupano di suicidio in età evolutiva.
Infatti, differenti ricercatori sottolineano come una condizione di vita, soggettivamente, percepita come estrema porta al “fallimento” del pensare rendendo possibile il suicidio. Per Orbach I. questo si determinerebbe attraverso una modificazione degli atteggiamenti verso la vita e la morte. Nucleo intorno al quale si articola la sua ipotesi patogenetica è il “problema irrisolvibile”. La scelta per il suicidio sarebbe nel minore la conseguenza di una dimensione esistenziale caratterizzata dalla assenza di soluzioni, da uno stato di impotenza che lo obbliga a ritenere infinite le sue sofferenze.  Orbach I. propone di valutare come si modifica il pensiero sotto la spinta di prolungate sofferenze attraverso  la scala MAST.
Philippe Jeammet vede il tentativo di suicidio come un esempio di "attacco al corpo", al pari di altre patologie come "l’anoressia, la bulimia, le automutilazioni", verrebbe dunque a configurarsi come "un mezzo di controllo sulla realtà esterna per controinvestire una realtà interna che il soggetto non può controllare, con il ricorso a modalità esclusivamente psichiche".
Per Ladame il tentativo di suicidio consegue ad uno stato di sofferenza che determina una condizione soggettiva di sopraffazione dell’io con minaccia all’identità mentre l’atto si realizza grazie a modalità di pensiero psicotico. Pommereau intende il tentativo di suicidio in adolescenza come una risposta paradossale, “morire per esistere in un altro modo”, e deriva dalla difficoltà di negoziare i rapporti con la famiglia secondo tre assi: della differenziazione, della delimitazione e della conflittualizzazione.
Gustavo Pietropolli Charmet, poi, sottolineando come nel suicidio ci sia sempre un dolore insopportabile e inesprimibile, di tipo narcisistico, propone come il deficit di resilienza per gli adolescenti suicidari possa essere conseguente a modelli intrafamiliari caratterizzati da un superinvestimento narcisistico ed un sistema educativo fondato sulla vergogna. 

Prevalenza
L’attacco al sé corporeo rappresenta un fenomeno sempre più diffuso in età evolutiva.
Da un’indagine vasta e approfondita condotta in Gran Bretagna attraverso self report risulta che l’11,2% delle ragazze e il 3,2% dei ragazzi ha messo in atto comportamenti autolesionistici nell’anno precedente, di questi solo 12,6% si è rivolto al Pronto Soccorso e questo spiega perché le stime basate sulle prestazioni ospedaliere attribuiscano al fenomeno una diffusione più limitata. (Hawton, Rodham, Evans, Weatherall, 2002). Un’altra ricerca sempre svolta su adolescenti evidenzia una prevalenza del 15% (Laye-Gindhu, Aviva, Shonert-Reichl, Kimebrly, 2005). Rispetto all’età di comparsa del disturbo Rodham, et al (2004) hanno svolto una ricerca da cui emerge che gli adolescenti indagati (età 13-17) avevano incominciato a tagliarsi a 13 anni e mezzo. Tra loro il 44% afferma che non è stato un comportamento impulsivo; il 24% dichiara di aver pianificato il gesto; il 50% di non essersi tagliato per provare dolore fisico e il 60% descrive un senso di sollievo dopo essersi tagliato. Questi dati sottolineano come il tagliarsi assuma paradossalmente una funzione auto medicale: l’attacco al sé corporeo come tentativo di regolare una sofferenza non pensabile, non contenibile e quindi non tollerabile.
Una ricerca svolta a Bologna,  su 517 adolescenti, con questionari autosomministrati, distinguendo fra autolesionismo e tentato suicidio, mostra che il 9% dichiara di aver compiuto gesti autolesivi nei dodici mesi precedenti la ricerca ed il 6% dichiara di avere intenzionalmente tentato il suicidio. Complessivamente hanno quindi compiuto gesti autolesivi più del 13% degli adolescenti intervistati.

Le finalità dell’associazione

  • Intervento di cura
  • Prevenzione
  • Ricerca


1) Intervento di cura

Premessa: come sottolineato l’autolesionismo e il tentativo di suicidio sono espressione di una importante sofferenza psichica non mentalizzabile. In ogni caso è necessario fornire aiuto. Le finalità di un intervento di aiuto sono, come obiettivo immediato, quelle di alleviare lo stato di tensione e, nel tempo, di aiutare la persona a contenere ed elaborare le tensioni emotive interne perché possano essere contenute mentalmente e non assumano dimensioni autodistruttive.
Intervento terapeutico
L’intervento terapeutico rivolto agli adolescenti ed alle loro famiglie con problemi psichici caratterizzati da autolesionismo e condotte suicidarie si articola su due livelli quello dell’urgenza e quello del cambiamento strutturale. L’intervento, nel suo complesso, deve tendere ad abbassare il rischio di ripetizione dei comportamenti problematici e favorire un equilibrio psichico più favorevole così da prevenire le ricadute.
L’intervento terapeutico sostenuto dall’associazione si attua attraverso un intervento di psicoterapia prolungato nel tempo finalizzato al raggiungimento di un soddisfacente equilibrio psichico e quindi di un miglior adattamento.
L’associazione per favorire il prolungamento degli interventi di cura si può collegare con le strutture cittadine di neuropsichiatria infantile deputate  alla cura ed alle urgenze psichiatriche per l’età evolutiva.
Tra queste ricordiamo l’appoggio al DH PPEE che da tempo si occupa della valutazione e trattamento di soggetti con problematiche autolesioniste. Il DHPPE è un servizio di secondo livello che fa parte della UO di NPIA di Bologna, collocato presso l’Ospedale Maggiore di Bologna che risponde alle situazioni psichiatriche urgenti in età evolutiva. Tra queste, un’attenzione specifica è dedicata ai minori che hanno compiuto gesti suicidari per i quali viene attivato un protocollo di valutazione e trattamento specifico. Il servizio nato nel 2000 ha seguito oltre 100 ragazzi che avevano compiuto gesti suicidari. La proposta sarà formalizzata con incontri
Gli psicoterapeuti, con provata esperienza nel trattamento di soggetti con le problematiche indicate, verranno retribuiti secondo il tariffario dell’ordine degli Psicologi e NPI (cifra media70 € a seduta comprensive degli oneri), sono previste, per ogni soggetto una o due sedute settimanali e una seduta quindicinale o mensile per i famigliari, l’ipotesi di cura è compresa tra due e sei anni. Le sedute sono da realizzare negli ambulatori dei singoli professionisti. La spesa complessiva annua, ad oggi immaginabile, considerando il trattamento annuo di 20 soggetti e famiglie, si aggira intorno a 100.000 €.
A carico dell’associazione è previsto inoltre l’intervento di follow-up a 1-2-5-10 anni dalla dimissione. La seduta di follow-up (costo 100 €) è realizzata con colloquio approfondito e somministrazione di alcuni test.
L’associazione si impegna inoltre nella valutazione dell’efficacia degli interventi terapeutici.
Non abbiamo informazioni sull’efficacia a distanza dei trattamenti realizzati dopo gesti autolesive e comportamenti suicidari, infatti, mentre più recentemente sono stati pubblicati diversi articoli di follow-up naturale su gruppi di adolescenti che avevano compiuto gesti autolesivi, non altrettanto è stato fatto  per quanto riguarda l’intervento terapeutico.
Le ricerche sull’efficacia del trattamento, in letteratura, riguardano terapie ad impostazione cognitivo comportamentale che risultano valide per il superamento della crisi ma hanno il grandissimo limite di non disporre di follow-up significativi.
Più recentemente l’intervento basato sulla mentalizzazione ad impostazione psicodinamica dedicato al trattamento del disturbo di personalità borderline (DPB) e centrato anche sulla prevenzione dei gesti autolesivi e suicidari sta acquistando, almeno sui pazienti adulti, significatività statistica di efficacia e possibile replicabilità. In questo caso la finalità è quella di offrire un trattamento orientato al superamento del disturbo e non solo alla situazione di crisi. Sebbene l’autolesionismo sia molto frequente nei DPB è considerato una manifestazione transnosografica perché presente in diversi disturbi psichiatrici.
La necessità di disporre di interventi efficaci è sottolineata dal fatto che in uno studio di evoluzione naturale si segnala che una caratteristica dei soggetti che ripetono nel tempo gesti autolesivi e suicidari, il gruppo dei soggetti più a rischio di suicidio, è di aver usufruito di un elevato numero di interventi terapeutici nella loro vita a confronto con adolescenti non ripetitori. Possiamo derivare che non tutti gli interventi sono efficaci e/o che non abbiamo strumenti efficaci per affrontare alcuni disturbi psichiatrici, in ogni caso sarebbero molto utili studi per individuare le cause dei trattamenti falliti. Si potrebbe ipotizzare che, generalmente, i trattamenti mirano al superamento della crisi senza arrivare ad un significativo cambiamento delle capacità adattive del soggetto che pertanto, anche a distanza di tempo, ripropone gesti autolesivi e suicidari.
2) Prevenzione
L’associazione si impegna a favore della prevenzione
La prevenzione si realizza attraverso un’adeguata informazione, finalizzata a favorire l’accesso alle cure. E’ rivolta agli adolescenti e giovani adulti e a tutti coloro che per ragioni diverse sono in contatto con loro, attraverso di essa si  cerca di superare i preconcetti che ancora oggi circondano i disturbi psichici e limitano il ricorso alle cure.
Attraverso un intervento adeguato si realizza anche un’azione di prevenzione secondaria, nel caso dei comportamenti autolesionistici più gravi, la prevenzione secondaria è la strategia più efficace per ridurre il rischio di suicidio.
L’informazione viene diffusa attraverso un sito web dedicato alle problematiche relative al disagio adolescenziale ed ai comportamenti autolesionisti e suicidari che si rivolge anche ai professionisti di salute mentale fornendo materiale scientifico in particolare viene raccolta la letteratura scientifica nazionale ed internazionale, vengono inoltre segnalati convegni ed occasioni di formazione.
(Nel sito www.prevenzionesuicidio.it sono già disponibili numerosi articoli scientifici).
Le informazioni sono disponibili nel sito e diffuse attraverso un newsletter mensile.
Nel sito viene attivato un servizio di contatto mail destinato a fornire informazioni.
3) Ricerca
L’Associazione svolge inoltre diverse attività di studio con aggiornamento della letteratura e ricerca con l’obiettivo di accrescere la conoscenza e la comprensione dell’autolesionismo affinché sia possibile impostare interventi terapeutici sempre più adeguati. Queste attività vengono svolte presso la sede dell’associazione in collaborazione con i servizi già menzionati.
Per l’attività di ricerca l’associazione propone una borsa di studio di 30.000 euro anno da assegnare a NPI o Psicologa/o con le finalità che seguono, per le stesse i soci si impegnano per un minimo di 200 ore complessive annue di volontariato:

    • Elaborazione di self report per facilitare la  diagnosi precoce e sostegno ad altre iniziative di ricerca.
    • Strumenti finalizzati all’individuazione e quantificazione (scala del funzionamento disadattivo, pensiero dicotomico, incoerenza/contraddizione del pensiero) di modalità di funzionamento psicologico che favorisce l’autolesionismo ed i comportamenti suicidari (come impossibilità di contenere emozioni e pensieri)
    •  Studio per la realizzazione di un Telefono “Pronto Help”. Per questa iniziativa è prevista una consistente partecipazione di volontari. Servizio di ascolto per la prevenzione del disagio psichico e dei comportamenti autolesivi e suicidari in età evolutiva. Il Telefono “Pronto HELP” si rivolge ai minori e alle loro famiglie e a tutti coloro che possono venire a contatto con i problemi legati ai comportamenti autolesivi e suicidari,  offrirà counseling sia ai soggetti già seguiti dal centro e che si trovassero in situazione di crisi sia ad altri soggetti in crisi; metterà inoltre a disposizione un servizio di informazioni rispetto alle problematiche legate al disagio psichico e alla prevenzione dei comportamenti autolesionisti e suicidari. Lo studio deve mettere a confronto le diverse modalità e scegliere il modello con maggiori prove di efficacia, elaborare la strategia di formazione e preparare gli operatori che saranno in gran parte volontari.
    •   Indagare le modalità di prevenzione nazionali dei comportamenti autolesivi e suicidari utilizzate nei diversi paesi occidentali.
    •   Aggiornamento della letteratura e collaborazione al sito WEB ed alla newsletter, mensile,  dell’associazione. Incentivare la formazione degli operatori e facilitare il confronto tra realtà diverse.
    •  Studi di follow-up per verificare l’esito a distanza degli interventi terapeutici svolti fino ad oggi.
    •  Realizzazione di una pubblicazione, a fumetti, con il contributo diretto degli adolescenti interessati dal problema; la pubblicazione farà parte di iniziative mirate ad attuare periodici momenti di riflessione aperti alla cittadinanza così da favorire la diffusione di materiale informativo di base e  far conoscere l’attività dell’associazione anche al di fuori dell’area degli operatori professionali. Questa iniziativa è realizzata prevalentemente da volontari.
    •  Collaborazione professionale a progetti educativi che possano integrare l’attività psicoterapica favorendo la crescita psicologica della persona come interventi di orientamento formativo, borse lavoro, sostegno all’autonomia in caso di maggiorenni che escono di casa (affitto appartamenti ecc.)

Riportiamo il conto corrente dell'associazione APADEE per sostegno economico

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