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Tentato suicidio in età evolutiva e presenza di patologia psichiatrica in un genitore

           Poggioli Daniele Giovanni *; Alessandra Mancaruso**; Giancarlo Rigon***
Neuropsichiatra infantile*, Psicologa**, Primario neuropsichiatra infantile ***U.O. di Psichiatria e Psicoterapia dell’Età Evolutiva Ospedale Maggiore “C. A. Pizzardi”

Introduzione

In tutti i paesi occidentali si è registrato negli ultimi anni, un notevole aumento del tentato suicidio in età evolutiva ed in particolare in adolescenza, tanto che esso è diventato un problema di salute mentale di primaria importanza. Questo fenomeno si è registrato anche in Italia tanto che molto recentemente il Comitato italiano di Bioetica ha sottolineato questa situazione richiamando l’urgenza di interventi a carattere preventivo.
Negli ultimi anni diverse ricerche sono state dedicate a questo fenomeno; Nella tabella 1 abbiamo sintetizzato gli studi che hanno indagato l’incidenza del tentato suicidio gravato da conseguenze sanitarie (rilevazione presso Pronto Soccorso), nella tabella 2 riportiamo le ricerche sull’incidenza del tentato suicidio rilevato tramite questionari anonimi somministrati a studenti. (1)
Volendo considerare solo i dati provenienti dalle ricerche più approfondite, per i numerosi riscontri che li caratterizzano, possiamo considerare che la frequenza dei tentativi di suicidio in età adolescenziale, maschi e femmine, è collocabile intorno al 3% anno e che tra questi, lo 0,5% richiede come conseguenza del gesto autolesivo cure mediche.
Tabella 1(N° di persone per100.000 popolazione/anno)


Paese
Maschi  eta’15-19
Femmine eta’ 15-19

Sor-Trondelag, Norvegia –1991

85

230

Danimarca –1991

60

206

Leida, Olanda
(Valore medio 1989-1992)

44

192

Berna, Svizzera
(Valore medio 1989-1990)

76

279

Vasterbotten County, Umea, Svezia
(Valore medio 1989-1991)

73.7

219.8

Padova, Italia-1991

17

188

Helsinki, Fillandia
(Valore medio 1989-1993)

230

277

Rimini, Italia
(11 mesi  tra il 1997-1998)

35

314

Oxford, Inghilterra
(media annua 1989 – 1992)

300

790

 


Tabella 2


Numero soggetti

Paese

Percentule TS
in un anno

Età dei sog.

Anno della ricerca

9268

Svizzera

3%        m. e f.

15 – 20

1997

1937

Svizzera

2,3%     m. e f.

14 – 19

1996

3042

Danimarca

5%        m. e f.

15 – 24

1996

1265

Nuova Zelanda

3%        m. e f.

16**

1995

1699

Australia

5.1%     m. e f.

15 – 16

1997

1779

Hawaii

4,3% m. e f. in 6 mesi

14 – 18

1996

1025

Canada

2% f. in 6 mesi

14 – 18

1995

434

Italia (Pavia)

2,8%  (4.8% f.   0.9% m.)

16 – 19

1996

16.262

Stati Uniti

7,7 %   m. e f.

13 - 19

1997

517

Italia (Bologna)

6% f. 2% m.

15-19

2000

**: Nel lavoro riportato il campione di soggetti è stato studiato dalla nascita, con periodiche verifiche, mediante interviste, self-report, other-report; all’età di 16 anni il 3% dei soggetti aveva fatto un TS.

Molte ricerche sono state dedicate ad individuare i fattori di rischio, ovvero ciò che può facilitare il verificarsi di comportamenti autodistruttivi in età evolutiva.
In letteratura si distinguono i fattori predisponenti ed i fattori precipitanti.
In tabella sono riportati 3 i fattori predisponenti più noti. (2)


Tabella 3
Fattori predisponenti  lo sviluppo di comportamenti autodistruttivi in età evolutiva.
  • Patologia psichiatrica (disturbi dell’umore, disturbi da abuso di sostanze e della condotta)
  • Struttura del nucleo famigliare: instabilità dei rapporti famigliari con forte conflittualità, perdite, morte di un genitore. Squilibrio genitoriale con manifestazioni psicopatologiche come: suicidalità, gravi problemi psichiatrici, abuso di sostanze, negligenza, abuso sessuale e fisico).
  • Difficoltà nei rapporti con i coetanei.
  • Disturbo di apprendimento specifico e/o come conseguenza  di difficoltà emotive. Calo del rendimento scolastico, abbandono scolastico.
  • Eventi di vita sfavorevoli o stressanti: preoccupazioni circa l’identità sessuale, suicidio in famiglia, perdite di famigliari o di coetanei, insuccessi scolastici, traumi psicologici).
  • Rigidità cognitiva (suicidalità come risposta a problemi personali in carenza di soluzioni più adattive ovvero carenze di problem solving, deformazione cognitiva dell’idea della morte).

Tabella 4
Fattori precipitanti

  • rottura della relazione con una persona affettivamente molto significativa
  • evento frustrante (insuccesso scolastico, problemi con la giustizia)
  • perdita per decesso di una persona affettivamente significativa

Come si osserva, in tabella 3, tra i fattori di rischio, la letteratura riserva uno spazio ampio a quelli che riguardano il contesto famigliare. In età evolutiva è, per altro, quanto possiamo attenderci.
Per verificare quanto usualmente viene riportato in letteratura abbiamo esaminato un nostro piccolo campione clinico, descriviamo, inoltre, in modo particolareggiato due casi, ed abbiamo inoltre raccolto le informazioni che derivano da una ricerca svolta con self report su un campione di studenti (517) di scuola superiore a Bologna.
Il campione clinico lo abbiamo sintetizzato in tabella 5
Tabella 5


Soggetti,sesso,diagnosi

Famiglia

Età ts

1 f. episodio depressivo maggiore

Madre affetta da disturbo depressivo maggiore con sintomi psicotici

9 e 11a

2 sorelle f.
1 episodio depressivo maggiore in disturbo di personalità borderline
1 episodio depressivo maggiore

Madre affetta da disturbo depressivo maggiore con sintomi psicotici e precoce abbandono paterno

11 e ripetuti tentativi successivi
17.

1 m. Disturbo di personalità borderline

Madre affetta da sclerosi multipla con associata depressione.

16 a.

1 m
Disturbo depressivo con sintomi psicotici

Madre affetta da disturbo di personalità

16 a

1 m. disturbo dissociativo (fughe dissociative)

Madre e sorella affette da D.O.C.) il paziente ha assistito all’improvviso decesso del padre

16

1 m disturbo depressivo maggiore

Precedente ts nel padre

18a

1 f. episodio depressivo maggiore in disturbo di personalità borderline

Precedenti ts in uno dei fratelli affetto da disturbo di personalità

16 a

1 m. disturbo schizoaffettivo

Presenza nella madre di disturbo di personalità borderline, precocissimo abbandono paterno

 

1 f disturbo depressivo maggiore con sintomi psicotici

Non accertata diagnosi psichiatrica nei genitori.

15 a. e ripetuti successivi tentativi

1 f episodio depressivo maggiore

Non accertata diagnosi psichiatrica nei genitori.

17 a.

 

Da questa breve tabella descrittiva si può osservare quanto la presenza di un disturbo psichiatrico in un componente familiare sia frequente nel nostro campione (81.8%) confermando l’importanza di questo come fattore predisponente.
Inoltre, nel nostro campione clinico i soggetti che hanno fatto un tentativo di suicidio in età particolarmente precoce hanno un genitore che soffre di un disturbo depressivo maggiore con sintomi psicotici, in accordo con lo studio longitudinale di Klimes-Dougan et al. (1999) (3).

La ricerca ha coinvolto 192 soggetti di età evolutiva divisi in tre gruppi: figli di donne con disturbo depressivo maggiore, disturbo bipolare e senza disturbo psichiatrico né precedenti psichiatrici, permette di osservare come in percentuale statisticamente significativa i figli di donne con depressione maggiore sviluppino nel tempo e con progressiva gravità comportamenti suicidari. In questi soggetti la massima incidenza di atti suicidari si ha dopo la pubertà mentre in precedenza, l’ideazione suicidaria risulta particolarmente alta.
Casi clinici
I due casi clinici che riportiamo sono esemplificativi del peso del contesto famigliare nella genesi di comportamenti autodistruttivi. Nel primo caso, Anna, il disturbo psichiatrico della mamma è particolarmente grave, è infatti affetta da un “Disturbo depressivo maggiore grave con manifestazioni psicotiche”.
Il fattore precipitante, i due episodi autolesivi, pensiamo corrisponda a crisi psicotiche materne. Anna è stata diagnosticata come affetta da un “Disturbo depressivo maggiore senza manifestazioni psicotiche”.
Nel secondo caso, Carlo, il disturbo che interessa la madre e la sorella rientra nei disturbi d’ansia, è un “Disturbo ossessivo compulsivo”. Non è però l’unico fattore in causa. Infatti, Carlo è stato colpito, in un momento particolarmente difficile, da un grave evento, la morte del padre con l’impossibilità di una reale elaborazione del lutto. (4) Si deve inoltre sottolineare il cronico isolamento sociale a scuola. Come fattori precipitanti hanno agito probabilmente le preoccupazioni per l’identità sessuale insieme al peggioramento dei risultati scolastici. A Carlo è stato diagnosticato un disturbo dissociativo: “Fuga Dissociativa”.
Anna
Anna è nata nel 1996, risulta aver avuto uno sviluppo psicomotorio regolare e non ha dato motivi di preoccupazione fino all’età scolastica. I cambiamenti di Anna sono stati successivi alla manifestazione conclamata da parte della madre di un grave disturbo depressivo con sintomi psicotici. I familiari riferiscono come Anna sia sempre stata un sostegno affettivo per la madre che nel tempo ha assunto particolare importanza in seguito al peggioramento del rapporto tra la madre e suo marito. Compito gravoso perché la madre le confidava i suoi sospetti nei confronti del marito che riteneva volesse ucciderla e tutto il senso di vuoto e solitudine che la schiacciava. Le richieste materne erano spesso scritte sotto forma di brevi ed inquietanti messaggi che Anna poteva trovare nel suo diario scolastico che dicevano testualmente: “Cara Anna ti prego di aiutarmi, per favore……..se tu fai quello che ti chiedo io mi salvo, se tu fai così io muoio……”…  “Non leggere forte quello che ti ho scritto..”  Anna ha condiviso e mantenuto i segreti della mamma  per lungo tempo prima di aprirsi e chiedere sostegno al padre.
Dai suoi racconti di quegli anni si ricava quanta paura le sia stata trasmessa dalla madre e quanta diffidenza verso le persone che la circondano abbia maturato in quel periodo.
Il primo tentativo di suicidio, all’età di nove anni, è stato fatto ingerendo il farmaco che la madre usava in quel periodo.  Il secondo tentativo di suicidio avvenuto a 11 anni è stato provocato attraverso l’ingestione di una miscela di acidi e detersivi ad uso domestico. In entrambi i casi Anna nega l’intenzionalità dei gesti e razionalizza spiegando che si era sbagliata. In entrambi i casi si erano potuti osservare importanti sintomi depressivi con spunti di riferimento (caduta del rendimento scolastico; insonnia; isolamento sociale con la convinzione di essere perseguitata da alcuni compagni; alterazione del tono dell’umore in senso depressivo) e nello stesso periodo la madre presentava un aggravamento della sua situazione clinica con manifestazioni allucinatorie e deliranti intense e prolungate nel tempo. 
Il nostro lavoro clinico è stato costruito ed articolato su diversi livelli: presenza in casa di una educatrice per molte ore settimanali con supervisione regolare; sostegno psicoterapico; rapporti frequenti con la psichiatra che ha in cura la madre; intervento a scuola.
Le osservazioni, in particolare, della educatrice hanno confermato  come  in corrispondenza dell’aggravamento materno si verifichi un aumento del disagio psichico della figlia.  In queste fasi la madre tende a scaricare su Anna forti tensioni, diventa irascibile e maggiormente incostante; peggiorano gli accudimenti primari, la madre perde la capacità di offrire una alimentazione adeguata seguire la cura personale di Anna e di  governare la casa.
L’intervento che abbiamo costruito ci ha permesso di contenere le crisi depressive della ragazza e di prevenire ulteriori gesti suicidari.
Carlo
Carlo, 18 anni, è seguito dal settembre 1999, subito dopo la fine del suo primo ricovero conseguente ad un tentativo di suicidio. Aveva ingerito circa 60 mg di una benzodiazepina abitualmente utilizzata dalla madre come ipnotico ed ansiolitico. Il tentativo di suicidio era stato progettato in modo che nessuno potesse intervenire prima di alcune ore: Carlo aveva “staccato” il telefono e si era chiuso in casa; la madre quella sera sarebbe rimasta al lavoro fino a tardi e la sorella era già uscita.
La motivazione iniziale di Carlo per giustificare il suo gesto era legata a incertezze circa l’identità sessuale, infatti, riteneva di sentirsi attratto sessualmente sia dalle ragazze che dai ragazzi, e per questo pensava di essere “bisessuale”. Il suo timore era quello di non poter più contare sull’appoggio materno visto che la madre, fervente cattolica, aveva più volte espresso la sua disapprovazione verso orientamenti sessuali non conformi.

Alla richiesta materna di motivare il gesto suicidario, Carlo, oltre a quanto appena riferito aveva aggiunto che non riusciva più a sopportare la sua condizione famigliare e a tollerare i sensi di colpa che aveva per la morte del padre. Il padre di Carlo era deceduto all’età di 49 anni per infarto cardiaco. Per la giovane età del deceduto, i medici avevano suggerito che la causa fosse da attribuire ad una malformazione o “predisposizione” genetica, non dimostrata; per Carlo e sua madre la morte è rimasta invece legata al grave stress a cui, a loro dire, la famiglia l’aveva ripetutamente sottoposto negli ultimi anni di vita. La morte stessa era avvenuta in modo drammatico, in presenza della madre e di Carlo che aveva cercato di rianimare il padre, con massaggio cardiaco e sostenendo la respirazione, fino all’arrivo dell’ambulanza. Carlo all’epoca aveva 13 anni.
Immediatamente dopo la morte del marito la mamma di Carlo è entrata in uno stato di disperazione assoluta durato 4 giorni, vissuti fuori dalla famiglia. Di quel periodo ha solo una vaga memoria ed il forte rimpianto di aver abbandonato i suoi due figli in un momento così difficile.
Non è stato semplice capire quali fossero stati i motivi di tanti conflitti in casa di Carlo.
Si trattava comunque di conflitti tanto forti da spingere Carlo a richiedere, come prima cosa alla ripresa dallo stato confusionale del primo giorno di ricovero, di poter trovare un’altra sistemazione abitativa fuori dalla sua casa.
L’origine dei conflitti viene attribuita dalla madre ed in parte da Carlo stesso, ad Anna, sorella di Carlo, attualmente di 20 anni.
Anna con lo sviluppo puberale e l’adolescenza avrebbe fatto sentire prepotentemente il suo desiderio di libertà scontrandosi continuamente con la madre che intollerante di ogni affermazione di autonomia vedeva nelle compagnie della figlia, nei suoi rientri serali, la conferma delle sue preoccupazioni di rovina e colpa.
La madre di Anna intorno ai 26-27 anni aveva iniziato a soffrire di un disturbo ossessivo compulsivo tanto da dover abbandonare la casa paterna e andare a vivere da sola per evitare i conflitti con i fratelli che la prendeva in giro per tutti i suoi rituali e non rispettavano le sue esigenze di pulizia. Il disturbo si è gradualmente risolto, almeno per gli aspetti compulsivi, dopo il matrimonio.
Rimangono le ruminazioni e le preoccupazioni “ossessive” che come lei stessa suggerisce sono pensieri che le impegnano la mente senza ragioni condivisibili, gli attacchi d’ansia e le crisi depressive descritte come momenti in cui si mette a letto e non ha più voglia di fare qualsiasi cosa.
Ne parla quando si sforza di capire lo stato di abulia del figlio. Gli attacchi d’ansia sono, secondo la madre di Carlo, una conseguenza dei ripetuti lutti subiti a partire dalla morte della madre, mentre le crisi depressive, rare in passato, sono più frequenti dopo la morte del marito.
Dopo la morte del marito la situazione in casa ha continuato ad essere molto tesa. Anna continua a vivere nella casa materna, ed a dipendere economicamente, pur non partecipando alle consuetudini famigliari. Esce, sempre accompagnata da qualcuno, e solo dopo aver compiuto una lunga serie di rituali che determinano un ritardo cronico agli appuntamenti.
Anna non permette a nessuno di sporcare i pavimenti che lei ha deciso di curare con dedizione ossessiva e dunque pone dei forti limiti all’uso del piccolo spazio abitativo famigliare. Se qualcuno cucina, in particolare Carlo, spesso si avvicina protestando e richiedendo la massima attenzione per il pavimento. Altre preoccupazioni di pulizia riguardano la sua biancheria che lava autonomamente e che non deve essere toccata da nessuno sia quando viene stesa ad asciugare che successivamente pena il dover rilavare tutto. Per il lavaggio in lavatrice usa, insieme a diversi tipi di detersivo, vari prodotti disinfettanti.

Dopo il rientro dall’ospedale Carlo è rimasto alcuni giorni a casa e poi ha ripreso ad andare regolarmente a scuola. Presentava dei momenti in cui era irritabile ed intollerante ed altri in cui si sentiva particolarmente stanco e depresso e cercava di contrastarli organizzando le sue giornate in modo intenso per “non aver tempo di pensare”.
Durante la consultazione sono stati somministrati alcuni test e tra questi il TAT: Le storie da lui inventate sono risultate caratterizzate da senso di costrizione, fallimento e assenza di speranza nel futuro.
Alla terza tavola che, in situazione di depressione, può suggerire il suicidio nota gli elementi significativi in quella direzione e giustifica la disperazione che attribuisce alla figura della tavola dicendo: ”si vede che nel passato ha avuto qualcosa di molto grave...”.
Nelle tavole che sollecitano proiezioni riguardanti la relazione genitori figli aleggia il senso di delusione e di pregressa tragedia dall’incerta possibilità di riparazione.

Dopo circa 45 giorni dal tentativo di suicidio Carlo fu trovato seduto a terra ai margini di una strada trafficata in apparente stato catatonico, non in grado di reagire alle sollecitazioni esterne ed in ambulanza accompagnato al pronto soccorso in ospedale. Tramite i numeri di telefono che aveva in tasca sono stati avvertiti i suoi amici e subito dopo la madre. Era uscito da casa come sempre alle 7,30 per prendere l’autobus e poi andare a scuola dove però non era mai arrivato. In ospedale è arrivato alle 17,30 non è stato possibile ricostruire dove sia stato in quel periodo di tempo né sembra ci siano stati avvenimenti emotivamente significativi nei giorni precedenti. Fatte le indagini di base per escludere intossicazioni e disturbi organici è stato ricoverato la stessa notte presso il reparto degenza della clinica psichiatrica universitaria.
Fortunatamente, Carlo dopo due giorni aveva riacquistato l’abituale reattività.
Questa “rapida” ripresa ha incominciato a suggerire la natura dissociativa dell’episodio descritto.
Un nuovo episodio si è verificato alcuni giorni dopo durante il ricovero in clinica psichiatrica.Contrariamente a quanto Carlo richiedeva, con insistenza, non si era arrivati a stabilire il giorno esatto della dimissione e Carlo nella situazione di incertezza era rimasto notevolmente inquieto.
Carlo, in stato dissociativo, scagliò una sedia contro la finestra e sembra, ma tutto questo è molto confuso, si sia scagliato lui stesso contro i vetri per ferirsi e sia stato fermato da un infermiere. Carlo fortunatamente non presentava nessun segno di tagli o altre ferite.
Il giorno successivo, Carlo, appariva abitualmente lucido e non ricordava nulla di quello che era successo. L’ultima cosa che ricordava era di non essere riuscito a telefonare alla madre perché il telefono di casa era sempre occupato e lui si era molto innervosito, pensando che, come al solito fosse la sorella sempre al telefono.......
Tutto questo si era verificato, temporalmente, poco prima della crisi.

Come già suggerito il disagio psichico di Carlo si osservava anche nel rapporto con i coetanei. Le difficoltà relazionali di Carlo a scuola erano così evidenti che gli insegnanti ne avevano parlato alla madre ed avevano provato ad organizzare qualche attività di gruppo per poterlo coinvolgere. In quello stesso periodo l’unico interesse di Carlo era quello di dedicarsi allo studio della storia della città e nell’andare a visitarne le vie stabilendo percorsi architettonici sempre nuovi ed interessanti.
Quelle lunghe passeggiate, potevano durare un intero pomeriggio, la madre le ricorda come capaci di dare a Carlo tranquillità sollevandolo dall’apatia che spesso lo caratterizzava.
Dopo il rientro a casa dal lungo ricovero Carlo è riuscito, come desiderava da tempo,  a parlare ai suoi amici della sua bisessualità ricevendo per risposta che non ci sarebbe stato alcun cambiamento nel loro rapporto di amicizia.

A distanza di circa due mesi dall’ultimo ricovero Carlo ha presentato un nuovo episodio dissociativo. Si è verificato lo stesso giorno in cui si è sentito rifiutare da una coetanea. Carlo qualche giorno prima aveva conosciuto una ragazza che aveva trovato molto carina e simpatica al punto da spingerlo a chiedere ad una comune amica di organizzare un incontro dove lui le avrebbe chiesto di “mettersi insieme”. Prima ancora di averla incontrata ed addirittura di aver ottenuto l’appuntamento, dava per certo il fatto di avere finalmente una ragazza.........
Le cose non sono andate come sperava, la ragazza ha accettato di incontrarlo per breve tempo ma non di rivederlo, collegando la cosa ai molti impegni pur senza chiudere completamente. A togliere ogni speranza ci ha pensato il messaggio lasciato sul cellulare da un amico che gli faceva sapere che la ragazza da lui “non ne voleva”.

La crisi è arrivata poco dopo il messaggio, mentre Carlo stava ritornando a casa da scuola. Carlo ricorda che alle 17,30 ha guardato l’orologio ed era in autobus diretto a casa. Il ricordo successivo risale alle 20,30 e si trovava in ospedale con nausea e cefalea.
Carlo si è ripreso dal suo stato catatonico (come il precedente) dopo un lungo brivido che, la madre ha definito “una scossa elettrica”; a parte i disturbi già segnalati era, perfettamente lucido. Ha chiesto dove si trovasse e alla risposta della madre ha esclamato:” allora è successo ancora.... non ne posso più di Anna...(la sorella) mandala via di casa”.
E’ rientrato quasi subito a scuola.
Dopo qualche giorno si è verificato un nuovo episodio dissociativo. Carlo è “fuggito” da scuola durante un intervallo ed è stato ritrovato dopo molte ore in prossimità di una tangenziale e distante diversi Km dalla scuola. Per raggiungerla Carlo deve aver attraversato molte strade trafficate.
La scuola, dopo la scomparsa di Carlo si è attivata moltissimo E’ stato a lungo cercato all’interno dell’edificio prima che a scuola arrivasse la notizia che era stato ricoverato in ospedale. Molti studenti della scuola e non solo i compagni di classe hanno così saputo dell’accaduto.
E’ stato dimesso lo stesso giorno del ricovero ed ha deciso insieme alla madre di riposare alcuni giorni prima di rientrare a scuola.
Il ripetersi degli episodi dissociativi in modo così ravvicinato aveva aumentato la preoccupazione di tutti.
Carlo, in Febbraio 2000, ha deciso di ritirarsi in casa abbandonando la scuola e quel minimo di relazioni sociali che aveva fino ad allora mantenuto.

A casa Carlo passava il suo tempo guardando a tratti la televisione, accarezzando i gatti ai quali diceva di essere il loro babbino (“sono io il tuo babbino...”) ma prevalentemente dormendo o meglio stando disteso a letto.... “che poi non dorme” come diceva la madre. Tenderebbe a non cambiarsi più i vestiti, a non lavarsi ed ha completamente invertito il ritmo sonno/veglia. Non sentiva voci né aveva allucinazioni visive, non sembrava delirare.
Non si lamentava neppure del suo stato anzi sosteneva di essere in pace. Riusciva a staccare la spina permanendo in uno stato di “assenza” lasciando che il tempo gli scivolasse accanto.
All’inizio di Giugno Carlo aveva presentato un lieve miglioramento.
Nello stesso periodo, in seguito a forti insistenze materne, Carlo è ritornato a parlare della scuola e della possibilità per lui di riprendere a studiare.
Soggettivamente continuavano ad esserci forti sentimenti di vuoto associati alla sensazione che nulla potesse cambiare la situazione o che tutto fosse inutile. Carlo diceva: ”anche se mi impegno a guardare per una scuola per me non fa differenza fare lo spazzino o il presidente degli Stati Uniti”.
Un miglioramento significativo c’è stato a distanza di oltre un anno dall’inizio del suo isolamento sociale. Carlo ha deciso di svolgere, per un mese luglio 2001, una borsa lavoro che è stata un successo e successivamente si è iscritto ad una nuova scuola.
Attualmente sembra in grado di allacciare rapporti con i compagni di scuola più soddisfacenti per lui, ed è nettamente migliorato il rendimento scolastico.

Risultati da una ricerca svolta con self report

Questionario

Il questionario è stato costruito intorno ai fattori di rischio più noti. (Tabella 3)
Questi ultimi sono stati individuati attraverso una revisione della letteratura e l’analisi di un campione clinico. Complessivamente sono state valutate 98 variabili tra queste sono numerose quelle che riguardano il contesto famigliare direttamente o attraverso la percezione dell’adolescente.
Per quest’ultimo aspetto si fa riferimento, in particolare, all’autovalutazione della famiglia nel TMA. (5)
La tabella 6 sintetizza i risultati della ricerca per i singoli fattori di rischio. Sono riportati per esteso i valori che riguardano le variabili risultate significative.

Tabella 6. Comprende tutti le 98 variabili indagate con il questionario. Le variabili risultate significative sono riportate con i valori “p”.


Tabella 6

TENTATO SUICIDIO (N=26)

Negativi
(N=37)

Valore p
Profitto scolastico positivo annuale

73 % (19)

95% (35)

p=0.02

Profitto scol. Positivo anno precedente

69% (18)

95% (35)

p=0.01

Peggioramento profitto scolastico

30% (8)

5% (2)

p=0.01

Frequentazione coetanei

69% (18)

97% (36)

p=0.003

Soddisfazione frequentazione coetanei

57% (15)

86% (32)

p=0.01

Hascisc e marijuana con frequenza giornaliera

27% (7)

5% (2)

p=0.02

Ecstasy (freq. giornaliera, settimanale, mensile)

23% (6)

0% (0)

p=0.007

Cocaina (freq. giornaliera, settimanale, mensile)

15% (4)

0% (0)

p=0.02

Utilizzatori ecstasy, cocaina, anfetamina, eroina.

27% (7)

0% (0)

p=0,003

Ebbrezza alcolica

69% (18)

27% (10)

p=0.002

Ebbrezza alcolica mensile

69% (18)

27% (10)

p=0.002

Ubriachezza mensile

57% (15)

16% (6)

p=0.001

Aumento recente dose alcol

27% (7)

0% (0)

p=0.001

Problemi alcol in famiglia

27% (7)

0% (0)

p=0.001

Frequente cambio partner

27% (7)

0% (0)

p=0.001

Eterosessuali

82% (21)

100% (37)

p=0.04

Abuso sessuale (con contatto fisico)

37% (10)

3% (1)

p=0.001

Presenza di evento traumatico ultimi 12 mesi

40 % (10)

11 % (4)

p=0.01

Trauma sessuale ultimi 12 mesi

23% (6)

0% (0)

p=0.007

Coinvolgimento emotivo da trauma

23% (6)

0% (0)

p=0.007

Evitamento da trauma

32% (8)

5% (2)

p=0.01

Pensiero ricorrente da trauma

32% (8)

5% (2)

p=0.01

Elenco dei fattori di rischio indagati e non risultati significativi:
Variabili socio demografiche, famigliari e non famigliari

Famiglia naturale; famiglia separata; preoccupazioni economiche; modificazione nucleo famigliare ultimi 2 anni; modificazione nucleo famigliare precedente; cambiamento città ultimi 2 anni; cambiamento città precedente; lutti nucleo famigliare ultimi 2 anni; lutti nucleo famigliare in precedenza; motivo lutto: suicidio; conflitti in famiglia ultimi 2 anni; conflitti in famiglia precedenti; assenza di un famigliare per malattia ultimi 2 anni; assenza di un famigliare per malattia precedente; disturbi psichiatrici dei genitori ultimi 2 anni; disturbi psichiatrici dei genitori in precedenza; disturbi psichiatrici dei fratelli ultimi 2 anni; disturbi psichiatrici dei fratelli in precedenza.
Evento scolastico significativo ultimi 6 mesi; evento scolastico significativo ultimi 2 anni; evento scolastico significativo in precedenza

Suicidio compagno ultimi 6 mesi; suicidio compagno ultimi 2 anni; suicidio amico ultimi 6 mesi; suicidio amico ultimi 2 anni; suicidio conoscente ultimi 6 mesi; suicidio conoscente ultimi 2 anni; problemi con la giustizia; abuso sostanze in famiglia.

Abuso di sostanze, relazioni sessuali, eventi traumatici  variabili non significative:

Costrizione a visione scene sessuali; da parte di famigliari; da parte di conosciuti; da parte di sconosciuti. Presenza rapporti sessuali. Trauma da violenza fisica ultimi 12 mesi. Incidente ultimi 12 mesi
Hascisc e marijuana con frequenza settimanale e mensile; eroina con frequenza giornaliera, settimanale e mensile; amfetamine con frequenza giornaliera, settimanale e mensile; ebbrezza alcolica settimanale. ubriachezza settimanale assunzione alcol correlata a tristezza.

SCALA PER L’AUTOSTIMA (TMA) Valori normali del punteggio totale da 85 a 115

Interpersonale

90±9.1

96±10

P=0.009

Competenza

85.8±11

93.6±9.1

P=0.006

Emozionale

81.8±10.7

92.6±11.2

P=0.000

Scolastico

86.6±11.6

92.2±9.5

P=0.043

Famigliare

88.2±9.9

97.1±8.4

P=0.000

Corporeo

84.7±8.4

92.1±9.7

P=0.005

SCALA PER LA DEPRESSIONE (SVSD): Valori normali SVSD totale maschi = 20.5; femmine = 24,3

Ansia

11.8±5.4

5.8±4.2

P=0.000

Depressione

13.6±6.5

8.5±5.4

P=0.003

Interpersonale

12.6±6

5.1±4.8

P=0.000

SCALA DEI DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE (EDI-2): Valori normali impulsività = 5

BMI (indice di massa corporeo)

20.1 ±5

19.9±1.8

P=0.36

Impulso magrezza

7.35±6.89

6.32±6.3

P=o.47

Bulimia

4±4.9

1.2±1.7

P=0.006

Insoddisfazione corporea

11.6±8.6

10.2±9.1

P=0.34

Inadeguatezza

6.6±5.7

3.2±3.3

P=0.01

Perfezionismo

3.7±5

3.2±3.3

P=0.32

Sfiducia interpersonale

5.9 ±4.2

2.7±2.8

P=0.002

Consapevolezza enterocettiva

8.5±7

3.5±3.9

P=0.001

Paura della maturità

7.6±5.5

4.3±3.1

P=0.02

Ascetismo

5.43.9

3.4±2.4

P=0.05

Impulsività

9±6.6

3±3.6

P=0.000

Insicurezza sociale

6.3±4.2

3.1±3.3

P=0.001

SCALA ATTEGGIAMENTO NEI CONFRONTI VITA E MORTE (MAST)

Attrazione per  la vita

3.2±0.7

3.9±0.4

P=0.000

Repulsione per la vita

3±0.5

2.2±1.2

P=0.000

Attrazione per la morte

3.1±0.7

2.5±0.6

P=0.001

Repulsione per la morte

2.2±1.2

2.8±0.8

P=0.031


 

Il questionario ad autosomministrazione è stato proposto in modo anonimo ed è stato somministrato ad una popolazione scolastica di 4 scuole medie superiori della città di Bologna, a ragazzi compresi fra i 14 e i 17 anni di età. E’ stato svolto nelle classi, durante l’orario scolastico, ed ha richiesto per il suo completamento dai 50 ai 90 minuti. La somministrazione è stata curata dai membri del gruppo di ricerca.
Prima dell’autosomministrazione il questionario e’ stato descritto ai presidi, agli insegnanti della scuola, ai genitori, come parte di un progetto di lavoro di prevenzione del disagio giovanile. Successivamente è stato presentato alle classi interessate ed e’ stato richiesto ai genitori un preventivo assenso scritto
La prima parte del questionario ha raccolto  informazioni sui dati anagrafici, la composizione familiare, la condizione socioeconomica, gli eventi significativi nella storia familiare e personale (disgregazione famigliare, psicopatologia e abuso di sostanze  di un genitore, essere venuto a contatto con persone che si sono suicidate; aver subito gravi lutti). Una parte del questionario era relativa all’eventuale uso di droghe e alcolici. Sono stati inoltre presi in considerazione il comportamento e l’orientamento sessuale, l’abuso sessuale e la presenza di eventi traumatici negli ultimi 12 mesi. Nel questionario erano comprese inoltre 4 scale di valutazione psicopatologica

  • Il Test di Valutazione Multidimensionale dell’Autostima (TMA) composta da 6 sottoscale che analizzano le relazioni interpersonali, la competenza di controllo dell’ambiente, l’emotività, il successo scolastico, la vita familiare e il vissuto corporeo (5).
  • La Scala di Valutazione degli Stati Depressivi (SVSD) che rileva la presenza degli stati depressivi con 3 sottoscale relative agli equivalenti ansiosi, alle difficoltà relazionali e ai sintomi specifici dello stato depressivo (6).
  • La scala Eating Disorder Inventory-2 (EDI-2) che consente la raccolta dei più comuni sintomi psicologici legati alla bulimia e anoressia nervosa composta da 11 sottoscale (7).
  • La Scala Multi-Attitudinale della Tendenza Suicidaria per Adolescenti (MAST) che indaga gli atteggiamenti nei confronti della vita e della morte (8).

L’ultima parte del questionario è stata dedicata alla rilevazione di ideazione suicidaria, autolesionismo e tentato suicidio. Inoltre, sono state chieste informazioni sull’eventuale rivelazione dell’intenzione suicidaria o del gesto dopo averlo compiuto, sulle cure sanitarie conseguenti al tentativo suicidario e sulle cure psichiatriche successive.

Risultati

Il questionario è stato somministrato a 517 ragazzi (16.5±1.1 anni, 72% femmine). Solo il 2% (10/517) degli adolescenti ha risposto al questionario in maniera non attendibile.
Gli adolescenti che hanno presentato ideazione suicidaria sono stati il 19% (101/517). La percentuale dei ragazzi che ha dichiarato di aver compiuto atti di autolesionismo è stata del 9 % (46/517) quella che ha dichiarato di aver tentato il suicidio è stata del 5% (26/517). La figura 1, che distingue tali risultati per genere, mostra che le femmine hanno presentato percentuali estremamente più elevate rispetto ai maschi. In particolare le femmine hanno presentato una percentuale tripla di tentato suicidio rispetto ai maschi.
Figura 1

genitoriTS

Fattori di rischio intrafamigliari

Patologia psichiatrica in uno dei genitori.
A differenza di quanto ci si attendeva, dalla ricerca condotta per questo singolo fattore, non abbiamo ottenuto una differenza statisticamente significativa tra i due gruppi. Riteniamo di dover attribuire questo risultato ad almeno due fattori. In primo luogo il numero troppo basso di questionari somministrati in relazione alla relativa modesta incidenza della patologia psichiatrica. La seconda ragione, probabilmente, risiede nelle caratteristiche del campione selezionato con il self report, che comprende probabilmente anche situazioni molto meno gravi rispetto, ad esempio, al nostro campione clinico.
Anche i problemi di alcol in famiglia (9) rappresentano un fattore di rischio per suicidio. Nella nostra indagine,  i ragazzi che hanno dichiarato di avere problemi di alcol in famiglia sono 7 nel gruppo “Tentato Suicidio” e nessuno nel campione di controllo. Alta è risultata la significatività statistica (p=0.001). Sarebbero particolarmente sensibili a questo problema i giovani adolescenti di età compresa tra i 10 ed i 14 anni. Importante ricordare che proprio in questa fascia di età è raddoppiato il numero di suicidi negli anni compresi tra il 1979 ed il 1997.
Si osserva, inoltre, che tra coloro che denunciano un abuso con contatto fisico (p=0.001 37% del campione) il 13% del campione segnala che lo stesso è stato fatto da parte dei famigliari. (10)
Rischio suicidario e percezione della propria famiglia (sottoscala TMA)
Un altro aspetto importante si ricava dalla scala dell’autostima dove 25 domande sono dedicate alla percezione della propria famiglia.
Il campione che ha compiuto un gesto suicidario rispetto al gruppo di controllo presenta un punteggio significativamente più basso (nella specifica scala p=0.000 nel complesso del questionario p=0.001). Il risultato è indicativo di come l’adolescente suicidario percepisce la propria famiglia.
Coloro che hanno compiuto un gesto suicidario riferiscono con maggior frequenza di non aver ricevuto dai famigliari abbastanza attenzioni e di aver avuto con i genitori forti conflitti e di essere scappati da casa. (11, 12)
Alcune ricerche sviluppate secondo le teorie di Bowlby e Patterson ipotizzano che il tentativo di suicidio adolescenziale sia leggibile come un forte messaggio inviato ai famigliare per ottenere aiuto e sostegno. (13)
Per altro moltissime ricerche sostengono come la famiglia rappresenti un fondamentale fattore protettivo. E’ risultata una variabile fondamentale in ricerche su soggetti che presentavano disabilità di diversa natura come: dislessia, disabilità motorie, difficoltà emotive. (14)
In altre ricerche svolte su un ampio numero di adolescenti, 13.110 studenti, avere una percezione di buone relazioni con la propria famiglia è risultato un fattore protettivo importante per tutti gli intervistati. (15)
In un altro studio si è osservato che la percezione di un’elevata coesione famigliare e presenza di sostegno emotivo era associata ad un basso livello di ideazione suicidaria e depressione. Tra i due aspetti descritti, coesione e sostegno, il secondo sembra avere un ruolo predominante.
In uno studio per comprendere quali possono essere i fattori di rischio nella ripetizione di gesti suicidari 60 adolescenti, precedentemente ospedalizzati per tentativo di suicidio, sono stati seguiti per 18 mesi. Si è evidenziata l’importanza del funzionamento famigliare ma anche della percezione dello stesso da parte dell’adolescente. Quindi, non sarebbero solo i fattori famigliari determinanti ma anche la comprensione che l’adolescente ha della sua famiglia. (16)
Moltissimi ricercatori sostengono poi che la famiglia può svolgere un ruolo attivo per la prevenzione del suicidio giovanile in particolare limitando l’accesso all’uso delle armi da fuoco. Questo è uno di mezzi più frequentemente utilizzato dai giovani maschi che sono i soggetti a maggior rischio di suicidio.

Eventi di vita, fattori psicosociali.
Lutto, separazione/divorzio, preoccupazioni economiche, conflitti intrafamigliari.
Nel nostro campione non sono stati segnalati lutti. Sappiamo dalla letteratura che rappresenta un fattore di rischio importante. Anche in questo caso possiamo attribuire la mancata rilevazione al basso numero di soggetti indagati.
Per altro è ben noto come la perdita di un genitore possa rappresentare un fattore di rischio significativo. Sembra non tanto o non solo la perdita del genitore in quanto tale quanto il fatto che alla perdita del genitore non segua la possibilità di elaborazione del lutto per le caratteristiche disfunzionali famigliari.
Anche le altre variabili riportate in testa al paragrafo, singolarmente, non sono risultate significative.
Su questo aspetto anche la letteratura è incerta. In particolare è difficile anche quando sembrano avere un peso statistico attribuire un valore specifico per esempio alla separazione/divorzio potrebbe essere semplicemente un altro indicatore di una situazione di disagio intrafamigliare. Se la separazione/divorzio si verifica in età precoce o in adolescenza è possibile rappresenti una condizione di maggior rischio.
Associazione di fattori di rischio nel contesto famigliare.
In molte ricerche si tende a valutare il peso dell’associazione di diversi fattori. Infatti, spesso si sottolinea come i soggetti a rischio di suicidio erano cresciuti in famiglie caratterizzate da avversità socio-economiche, rottura del matrimonio, attaccamento parentale inadeguato. Le conseguenze di questi fattori risultavano comunque fortemente mediate da eventuali problemi mentali in adolescenza e dall’esposizione ad eventi di vita stressanti in adolescenza. (9)
Se consideriamo la combinazione dei fattori: presenza di famiglie separate, preoccupazioni economiche e conflitti in famiglia e li confrontiamo tra i due gruppi otteniamo una differenza significativa. (p=0,023).
Un’altra possibile associazione riguarda la valutazione complessiva di tre fattori noti per avere un peso rilevantissimo: il disturbo psichiatrico intrafamigliari, i problemi di alcol in famiglia, l’abuso con contatto.
Analizzando le eventuali interferenze si osserva che per i tre soggetti che hanno dichiarato un genitore con disturbo psichiatrico per uno è l’unico fattore di rischio, in un caso è associato a problemi di alcol in famiglia e nell’altro caso sono presenti tutti e tre i fattori di rischio. Tre soggetti hanno dichiarato di aver subito un abuso con contatto fisico in famiglia. Per uno è l’unico fattore di rischio tra quelli appena riportati, mentre in un caso si associa a problemi di alcol in famiglia e nell’altro sono presenti tutti e tre i fattori di rischio.
Sette soggetti hanno dichiarato di avere problemi di alcol in famiglia, (17) come abbiamo visto con diverse associazioni. Da segnalare come quest’ultimo aspetto si presenti, frequentemente, insieme all’uso personale di sostanze stupefacenti.
Complessivamente i fattori di rischio appena presentati sono presenti nel gruppo “Tentato Suicidio” 13 volte ed interessano 9 adolescenti (vi sono sovrapposizioni), una sola volta nel gruppo di controllo. La differenza è altamente significativa (p=0,004).

 

La famiglia può svolgere un ruolo importante per la prevenzione del suicidio giovanile. Da tempo Brent (2000) (18) sostiene come sia necessario limitare l’accesso all’uso delle armi da fuoco. Questo è uno di mezzi più frequentemente utilizzato dai giovani maschi che sono i soggetti a maggior rischio di suicidio. Brent svolge incontri con le famiglie ma ha registrato un certo fallimento. Infatti ha osservato una bassa disponibilità a liberarsi delle armi in casa come suggerito durante i seminari di formazione.
A sostegno di quanto sostenuto da Brent il lavoro di Shah S et al. (2000) (19) che ha valutato i casi di 36 adolescenti morti per suicidio.
Il 67% di loro si erano suicidati con armi trovate in casa. Questo stesso gruppo aveva, rispetto al gruppo di controllo maggior facilità di trovare armi in casa 72% contro 50%.
All’interno del gruppo di adolescenti deceduti per suicidio si osservavano anche, come fattori di rischio, disturbi della condotta e precedenti trattamenti psichiatrici.

Considerazioni conclusive
Come abbiamo visto il disturbo psichiatrico famigliare ha un peso determinante tra i fattori di rischio facilitanti lo sviluppo, in età evolutiva, di comportamenti autodistruttivi.
Sebbene i comportamenti suicidari siano, in realtà, la conseguenza dell’interazione di numerosi fattori sono, infatti, ad eziologia mutifattoriale, il disturbo psichiatrico famigliare riveste un’importanza fondamentale specialmente se sono comprese manifestazioni psicotiche. In quest’ultimo caso è legittimo aspettarsi comportamenti autolesivi molto precocemente.
Sono immediatamente comprensibili le implicazioni per la prevenzione. Infatti, i figli di genitori con un disturbo psicotico dovrebbero essere indagati per eventuali disturbi psichiatrici e sostenuti nel loro sviluppo. E’ bene ricordare che il gesto suicidario è preceduto nel tempo da ideazione suicidaria e spesso da minacce che permettono di individuare chi ha necessità di aiuto prima che compia gesti estremi.
Nel nostro campione clinico e nel gruppo di adolescenti indagati con il questionario sono presenti anche altri disturbi nell’ambito famigliare oltre a quelli psicotici.
Sono risultati significativi i problemi di alcol in famiglia, ed in associazione anche l’abuso con contatto fisico.
Sempre in associazione sono risultate significative le seguenti variabili: famiglie separate, preoccupazioni economiche e conflitti in famiglia.
Stiamo valutando che strumenti utilizzare per individuare più facilmente le difficoltà relazionali intrafamigliari che preludano manifestazioni suicidarie nello sviluppo del minore. Nel caso di Carlo è stata utilizzata l’intervista sull’attaccamento dell’adulto secondo Crittenden che è risulta molto utile almeno nella valutazione della relazione di base. Uno strumento più specifico è la SEPI questionario proposto da Orbach  (20) che mette in relazione la sensazione di trovarsi in una situazione senza soluzioni (problema irrisolvibile) come conseguenza di problematiche famigliari insieme alla percezione soggettiva di disperazione e bassa autostima.

Bibliografia

1 Rigon G.,  Costa S., Tugnoli M., Poggioli D.G., Il tentativo di suicidio nell’infanzia e nell’adolescenza, primi dati relativi alla Città di Bologna, Atti del Convegno Internazionale “Aggressività e disperazione nelle condotte suicidarie”, Padova, 4-6 Giugno 1998, pp. 79-92

2 Rigon G.,  Poggioli D. G., Suicidio e tentato suicidio nell’infanzia e nell’adolescenza. Commenti alla più recente letteratura, Imago, 1997, 2, 141-166.

3 Klimes-Dougan B, Free K, Ronsaville D, Stilwell J, Welsh CJ, Radke-Yarrow M.
Suicidal ideation and attempts: a longitudinal investigation of children of depressed and well mothers. J Am Acad Child Adolesc Psychiatry. 1999 Jun;38(6):651-9.

4 Rigon G., Poggioli D.G., Mancaruso A. “Considerazioni eziopatogenetiche e cliniche di un caso ripetuto di tentato suicidio di una adolescente”. Psichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, 1999, Maggio- Giugno, vol. 66 n. 3 pag. 261- 272;

5 Bracken B. A. “Test di Valutazione dell’Autostima”. Edizioni Erikson, Trento1993

6 Pruneti C. A., Baracchini Muratorio G. “Stati Depressivi e loro Valutazione nel Bambino e nell’Adolescente”. 1996, Edizioni ETS, Pisa;

7 Garner D. M. “ Edi-2 - Eating Disorder Inventory-2”. Versione italiana a cura di Rizzardi M., Trombini G., Trombini Corazza E., 1995, Organizzazioni Speciali, Firenze

8 Orbach I., et al.“ A multi-attitude suicide tendency scale for adolescents. Psychological assessment”. Journal of Consulting and Clinical Psychology, 1991, Vol. 3, n° 3, 398-404;

9 Blum RW, Kelly A, Ireland M.J (2001) Health-risk behaviors and protective factors among adolescents with mobility impairments and learning and emotional disabilities. Adolesc Health 2001 Jun;28(6):481-90

10 Fergusson DM, Woodward LJ, Horwood L Risk factors and life processes associated with the onset of suicidal behaviour during adolescence and early adulthood. J.Psychol Med 2000 Jan;30(1):23-39

11 Cerel J, Fristad MA, Weller EB, Weller RA Suicide-bereaved children and adolescents: a controlled longitudinal examination J Am Acad Child Adolesc Psychiatry 1999 Jun;38(6):672-9.

12 Cerel J, Fristad MA, Weller EB, Weller RA Suicide-bereaved children and adolescents: II. Parental and family functioning. J Am Acad Child Adolesc Psychiatry 2000 Apr;39(4):437-44

13 Wagner BM, Aiken C, Mullaley PM, Tobin JJ. Parents' reactions to adolescents' suicide attempts.  J Am Acad Child Adolesc Psychiatry 2000 Apr;39(4):429-36

14 Blum RW, Kelly A, Ireland M.J (2001) Health-risk behaviors and protective factors among adolescents with mobility impairments and learning and emotional disabilities. Adolesc Health 2001 Jun;28(6):481-90

15 Anteghini M, Fonseca H, Ireland M, Blum RW. Health risk behaviors and associated risk and protective factors among Brazilian adolescents in Santos, Brazil. J Adolesc Health 2001 Apr;28(4):295-302

16 Brinkman-Sull DC, Overholser JC, Silverman E. Risk of future suicide attempts in adolescent psychiatric inpatients at 18-month follow-up. Suicide Life Threat Behav 2000 Winter;30(4):327-40

17 Fernquist RM. Problem drinking in the family and youth suicide. Adolescence 2000 Autumn;35(139):551-8

18 Brent DA, Baugher M, Birmaher B, Kolko DJ, Bridge J  Compliance with recommendations to remove firearms in families participating in a clinical trial for adolescent depression J Am Acad Child Adolesc Psychiatry 2000 Oct;39(10):1220-6.

19 Shah S, Hoffman RE, Wake L, Marine WM Adolescent suicide and household access to firearms in Colorado: results of a case-control study. J Adolesc Health 2000 Mar;26(3):157-63

20 Orbach I, Mikulincer M, Blumenson R, Mester R, Stein D. The subjective experience of problem irresolvability and suicidal behavior: dynamics and measurement. Suicide Life Threat Behav. 1999 Summer;29(2):150-64.